A nulla erano servite le suppliche del diciassette a suo padre per convincerlo a non mandarlo in qualche collegio. Paul, suo padre, però non aveva voluto sentirlo aprire bocca e lo aveva rispedito in camera sua con l'ordine di restarci fino alla partenza, sarebbe stato qualcuno del personale a portargli il pranzo è la cena.
Benjamin non aveva mai visto suo padre tanto arrabbiato quanto quella notte, era totalmente fuori di lui e se solo il ragazzo avesse provato ad aprire bocca per lui sarebbe finita male. Paul non aveva mai visto di buon occhio la violenza, non aveva mai alzato le mani su sua sorella Serena, mentre con lui in sole due occasioni gli aveva dato uno schiaffo: quella sera e quando gli bruciò la macchina. Quella notte però Paul sembrava essere sul punto dell'esasperazione e in preda alla rabbia avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, non avrebbe più risposto delle sue azioni.
Nemmeno sua madre Meredith era andata in sua difesa, come di solito cercava sempre di fare, anzi quando suo marito le aveva comunicato la sua decisione lei lo aveva appoggiato in pieno. Aveva riservato al suo secondogenito uno sguardo gelido, mentre gli diceva che sperava le cose potessero andare diversamente e gli chiedeva scusa per non avergli saputo insegnare ad essere una persona migliore.
Quella volta Benjamin l'aveva combinata grossa, e se ne rendeva conto, ma dal suo punto di vista non era nulla di più grave di quanto non avesse già fatto in passato. Era da anni che organizzava feste di quel tipo e loro lo sapevano benissimo, fingevano di esserne all'oscuro ma entrambi sapevano quello che combinava quasi ogni notte con e senza loro in casa. Perché quella volta erano tanto arrabbiati? Questo non riusciva a capirlo. Gli sembrava assurdo spedirlo in un college chissà dove, sicuramente non avrebbe avuto le stesse possibilità economiche che aveva in quel momento, e senza conoscere nessuno.
-"Sarà un incubo." Sospirò Benjamin, per poi buttarsi a peso morto sul suo letto a due piazze con le coperte blu. "E non sono nemmeno riuscito a scopare con quella francese. Chissà quando rivedrò una ragazza." Sbuffò, per poi lasciarsi andare tra le braccia di Morfeo e dimenticare quanto successo, o almeno per quanto gli era possibile.Quello che doveva essere un solo giorno di reclusione nella sua stanza, per il moro, diventarono tre e durante quel lasso di tempo sperò che fosse dovuto ad un cambiamento d'idea di suo padre. Sperava che avesse capito di aver esagerato e che, alla fine, si sarebbe accontentato delle solite false promesse di iniziare a fare il bravo. Al terzo giorno, però, scoprì che tale ritardo era dovuto soltanto alla data di apertura del college dove suo padre aveva intenzione di spedirlo.
-"Ti ho fatto preparare le valige, l'autista ti aspetta di sotto e ha già caricato le valige nella macchina." Gli disse, con tono freddo, suo padre dopo averlo raggiunto nella sua stanza, affiancato da sua madre. "Buon viaggio." Aggiunse, semplicemente.
-"Non volete nemmeno accompagnarmi?" Chiese il moro, leggermente deluso dal comportamento dei suoi genitori.
-"Non ne vedo il motivo."
-"Magari per salutarmi? Come fanno le famiglie normali."
-"Possiamo salutarci qui." Rispose il genitore. "Meglio evitare sentimentalismi in pubblico, non ho voglia di fingere mi dispiaccia vederti andare via da casa." Concluse, con tono duro.
La madre sospirò e scosse la testa.
-"Non pensare che per noi sia stata una scelta facile ma ci hai costretto, Benjamin, è da anni che cerchiamo di farti capire che sbagli." Disse. "Andartene per un po' da casa ti aiuterà."
-"Aiuterà me o te?!" Esclamò il ragazzo. "Suppongo che sarete voi quelli che staranno meglio senza avermi in giro per casa!"
Paul ignoró del tutto le sue parole e tese una mano verso il figlio.
-"Dammi il tuo cellulare."
-"Che cosa?"
-"Andrai in quel college per studiare, non per perdere tempo." Disse Paul. "Tra un mese verremo a parlare con i tuoi insegnanti e, in base a quello che diranno, decideremo se ridartelo o meno." Spiegò. "Adesso dammelo e non fare storie, sarà meglio per entrambi."
-"E se dovessi avere qualche emergenza?!"
-"Ci sono dei telefoni lì, puoi usare quelli." Rispose il genitore.
Benjamin sbuffò sonoramente, prese il suo cellulare, lo spense e diede il suo iPhone a suo padre.
-"Ti manderemo cento dollari a settimana."
-"Cosa?! Solo cento dollari?!" Esclamò Benjamin, sbigottito.
-"Come ti ho già detto, andrai lì per studiare e non per divertirti." Rispose l'uomo. "Devi solo pagare il cibo in mensa, puoi vivere benissimo." Aggiunse. "E adesso vai, è già tardi."Benjamin non riusciva a credere quanto la sua vita fosse cambiata in soli pochi giorni. La bella vita che aveva vissuto fino a quel momento, diventò un lontano ricordo nell'esatto momento in cui salì nell'auto che suo padre aveva fatto preparare per accompagnarlo. I suoi genitori non avevano voluto nemmeno dirgli dove sarebbe andato o il nome del college e, in fondo, a lui nemmeno importava. Ormai la sua vita era andata in rovina, il posto non avrebbe cambiato nulla.
Tirò ugualmente un sospiro di sollievo quando, però, constatò che era ancora in California. Il college scelto dai suoi genitori era a Monterey, affacciava sul mare e, almeno visto dall'esterno, sembrava niente male. Era diviso in più edifici, Benjamin immaginò fossero i vari dormitori e la scuola, e uno di questo era fatto di vetrate mentre gli altri troneggiavano su di lui, con le loro alte torri e i vari balconi. Il nome non era dei più originali, si chiamava semplicemente monterey college, ma al moro non importava più di tanto. Per quanto carino potesse sembrare quel posto, sperava di starci il minor tempo possibile.
L'autista, di cui il moro non ricordava il nome, lo accompagnò all'ingresso dell'edificio vetrato e Benjamin scoprì fosse la scuola, qui venne accolto da una gentile segretaria che dopo aver registrato i suoi dati gli diede le chiavi della sua stanza e gli spiegò come raggiungerla.
-"Andiamo?" Chiese all'autista, mentre usciva dall'edificio.
-"Io devo andare." Rispose l'uomo, evidentemente avanti con l'età. "Suo padre mi aspetta, per favore si sbrighi a prendere le valige.""Qui va tutto di male in peggio." Pensò Benjamin e sbuffò sonoramente, mentre trascinava le sue valige su per quattro rampe di scale. La sua stanza, che sperava vivamente fosse una singola, era al quarto piano di uno di quegli alti edifici, all'interno tinti di bianco e con qualche modesto quadro a decorare i muri altrimenti immacolati di tanto in tanto, e l'ascensore era rotta. Quando arrivò davanti alla porta della sua stanza, altre quattordici stanze erano posizionate su quel piano, tirò un sospiro di sollievo e prese le chiavi dalla tasca dei suoi pantaloni.
-"Fa che sia una singola. Fa che sia una singola. Fa che sia una singola. Fa che s-" Stava ripentendo, come una cantilena, Benjamin mentre inseriva la chiave nella toppa e apriva la porta ma quando questa venne aperta si zittì all'istante.
Le sue orecchie vennero subito invase da rumorosi gemiti e si ritrovò davanti un ragazzo totalmente nudo, con delle gambe pelose aggrovigliate sul bacino appartenenti alla persona che stava gemendo così rumorosamente.
-"E tu chi cazzo sei?!" Strillò il ragazzo nudo. "Che ci fai qui?!"
Il momento di trans del moro durò poco, subito dopo poco scosse la testa e aggrottò la fronte.
-"Chi cazzo sei tu!" Replicò il moro. "Questa è la mia stanza."
-"Oh, allora tu sei il mio nuovo compagno di stanza!" Rispose l'altro ragazzo e, da dietro le spalle di quello che aveva parlato prima, comparve una testa bionda che gli stava sorridendo. "Io sono Federico, piacere di conoscerti, ti va di unirti a noi?"

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The college || Fenji.
FanfictionThe college || Fenji. «Un eccesso di troppo costringerà un ragazzo, abituato al lusso, a rinunciare a tutte le sue abitudini. Tra quei bianchi corridoi la sua vita cambierà. Lui cambierà.»