Sono confusa e lo sono da tre giorni, gli stessi in cui Alexander è scomparso. Di nuovo.Il lavoro procede bene, Adele è una persona eccezionale e stasera esco con Sara. Va tutto bene, tratte per il fatto che continuo a sentirmi vuota.
Fra due giorni, almeno così dovrebbe essere, i miei genitori ritorneranno alla base e non permetterò loro di lasciare questa casa senza prima avermi spiegato per filo e per segno quello che stà succedendo.
Mi sento come una bambina al parco giochi davanti al mio armadio aperto. Non ho mai indossato nessuno dei trenta abiti appesi qui dentro e ho quasi paura a farlo. Non so se sarò abbastanza femminile, abbastanza carina per poter sfoggiare un look diverso, più scoperto. Meno da me. Tocco la staffa liscia di un abito nero e molto corto. Sospiro, sentendomi già ridicola, ma Sara mi ha praticamente supplicata di non indossare pantaloni o le mie solite maglie e per una volta, voglio accontentarla e accontentarmi. Bisogna buttare giù la maschera, almeno quando si può.
Mi ha assicurato che Dave non ci sarà e indirettamente, sono sicura che non vedrò neppure Alex. In realtà vorrei. Muoio dalla voglia di vederlo e capire tante cose, come il motivo per cui quella notte ha sfondato la porta di casa mia solo per vedere cosa stessi combinando. Mi fanno ancora male i polsi.
Dovrebbero seriamente denunciare il loro professore per fargli fare certe stranezze.
"Questo", sbotto afferrando il vestito nero che mi ha sempre fatto gola nell'ultimo anno. Spesso, ho avuto l'idea di indossarlo per una cena con Ben, ma quando ero sul punto di farlo, afferravo al volo il mio jeans preferito e mi giravo dall'altra parte. Sento che stavolta invece sia quella giusta.
Afferro un paio di collant nere dal cassetto dell'intimo, stando attenta a come infilarle ma sopratutto a come non romperle. Poi passo al pezzo forte e le gambe iniziano a tremarmi quando una volta chiusa la lampo, mi avvicino allo specchio.
Non sono io, e con questo non voglio dire che quella allo specchio sia una gran fica. Nulla del genere, ma è carina. Almeno un pò. Sorrido al mio riflesso, facendo una smorfia quando mi rendo conto di quanto la mia terza abbondante straripi dalla scollatura a v. Forse dovrei toglierlo, ma prima che possa farlo il citofono suona all'impazzata per ben tre volte di fila. Alzo gli occhi al cielo per il mio stesso errore. Non avrei mai dovuto dare il mio indirizzo a Sara, ma infondo so che la sua amicizia, mi rende felice, molto più di quanto dovrebbe essere. Ho ancora paura della fregatura, cerco di andarci con i piedi di piombi, ma con lei è davvero difficile. Afferro le scarpe col tacco fra le dita, non ho mai indossato nulla di simile, infatti sono di mia madre ed ho dei seri dubbi su come io possa ritornare a casa con una caviglia ancora intatta.
"Chi è?".
"Scendi tesoro", urla come suo solito. "E porta qualche birra, giusto per iniziare a ...".
"Sara", quasi urlo. "Arrivo", ridacchio mettendo giù.
"Respira", dico fra me e me, mentre indosso una lunga giacca nera di lana. Almeno starò al caldo per un pò.
Prendo le chiavi, un'ultima occhiata e poi apro quella dannata porta, che nessuno, si è ancora degnato di far aggiustare. Non so davvero cosa racconterò ai miei.
Inevitabilmente punto lo sguardo dove non dovrei, ma scappo non appena sento la voce di sua madre farsi vicina. Ero quasi sicura fosse scomparsa anche lei, in ogni caso ora so che non è così. Vorrei poter dire lo stesso del figlio....
"E le birre?".
"Eri seria?". Chiudo lo sportello, beandomi del calore dell'interno macchina.
"Certo", mi guarda sbigottita, come se quella strana fossi io. In questo caso, perchè in altri casi, lo sono eccome.

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La cura [H.S.]
Fanfiction"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...