Epilogo ("E poi...")

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Martedì, 31 dicembre 2024


[Beatrice]

"Non puoi essere serio, Filippo." sospirai, piuttosto stizzita per le parole folli che erano appena uscite dalle sue labbra.
Era l'ultimo giorno dell'anno e Roma quella sera mi sembrava più casa del solito, forse per il nuovo anno che stava per arrivare o più probabilmente per ciò che avrebbe portato, perché la mia pancia stava cominciando a farsi abbastanza prominente.
Io e Filippo ci eravamo rifugiati lì, come ormai facevamo tutti gli anni, per goderci per un po' da soli quella città che ci aveva visti ricominciare e rifiorire, sotto tutti i punti di vista.
Eravamo vestiti di tutto punto, pronti per andare a cena, eppure le parole che gli avevo sentito pronunciare mentre scendevamo le scale del nostro condominio avevano ribaltato completamente il mio umore. Mi ritrovai a camminare, sempre più rapidamente, in quel parcheggio che cinque anni prima ci aveva visti baciarci sotto le stelle allo scoccare della mezzanotte, per allontanarmi da lui il più possibile.
Le luci dei lampioni illuminavano l'area circostante, il fruscio delle foglie sugli alberi riempivano l'aria della notte e l'unica cosa che riuscivo a sentire erano i suoi passi dietro di me farsi sempre più insistenti, sempre più vicini.
"Ti sto solo dicendo di considerare l'idea." rincarò la dose, affiancandomi quando ormai fummo giunti in prossimità della sua auto, e anticipandomi, aprendo la portiera al posto mio.
Mi rivolse uno di quei sorrisi tipici di quando voleva ottenere qualcosa e avrei tanto voluto prenderlo a schiaffi per l'irritazione che stava provocando dentro di me. Non poteva aspettarsi che cedessi di fronte ad una richiesta simile né tantomeno mi sarei mai aspettata che fosse proprio lui a propormi una cosa del genere.
"Mi stai chiedendo di cancellare otto tappe del mio tour e ti aspetti che io possa considerare l'idea?" gli chiesi retoricamente, perché avrebbe dovuto conoscere la mia risposta a quella richiesta ancor prima di farmela effettivamente.
Chiedermi di annullare dei concerti era una follia, farlo solamente perché ero incinta era alquanto patetico. Lui più di ogni altra persona avrebbe dovuto capire che chiedermi una cosa del genere sarebbe equivalso a snaturarmi, andando contro la cosa che amavo di più al mondo, e non avrei fatto come mi diceva per via della gravidanza, perché non mi sarebbe stata d'ostacolo.
"Lascia stare, Beatrice." sospirò, sbuffando, e si allontanò da me, facendo il giro attorno all'auto per potersi accomodare al posto di guida.
"No, non lascio stare affatto." urlai, abbastanza incazzata, così tanto che potè sentirmi anche mentre sbattevo con potenza la portiera dopo essermi accomodata sul sedile del passeggero.
Sentirgli pronunciare quelle parole mi aveva colpito così tanto che difficilmente sarei riuscita a lasciar perdere e probabilmente avrei rischiato di rovinare ad entrambi l'ultima serata dell'anno, nonostante ci fossimo ripromessi che l'avremmo trascorsa nel miglior modo possibile, con tutta la tranquillità che ci meritavamo dopo mesi che erano stati veramente sfiancanti. Sarei venuta meno a quella promessa ma non mi importava, perché volevo cercare di fare chiarezza su quella questione e far capire a Filippo il mio punto di vista.
"Non voglio litigare l'ultimo dell'anno." sbuffò, cercando di mettere fine a quel discorso ancor prima che entrasse nel vivo, ma ciò di cui non si rendeva conto era che, dopo aver lanciato un bomba del genere, non sarei mai riuscita a starmene zitta come se niente fosse accaduto.
Si trattava di una questione fin troppo importante per me per rimandare o addirittura non parlarne più.
"Oh stiamo già litigando." lo informai, con una vena di ironia mista a irritazione nella voce, e lo vidi sbuffare ancora una volta mentre allacciava la cintura di sicurezza.
Mise in moto l'auto e uscì dal parcheggio in retromarcia, immettendosi in strada, continuando a guardare avanti a sé mentre io lo fissavo, in attesa di una sua reazione.
Tra di noi calò il silenzio per qualche istante, fin quando Filippo allungò la sua mano verso la mia, poggiata sulla mia coscia, e la strinse lievemente.
"Mi stavo solo preoccupando per te." mi sussurrò, cercando di tranquillizzarmi, ma ci sarebbe voluto ben altro.
Mi disturbava il fatto che non credesse che potessi gestire dei concerti al settimo mese di gravidanza, mi dava fastidio il fatto che per lui la mia condizione fosse un valido motivo per rinunciare a delle tappe di un tour che progettavo da mesi e al quale tenevo particolarmente. Ciò che mi faceva più alterare era che non mi ritenesse all'altezza di poter gestire contemporaneamente entrambe le cose, come se essere incinta mi precludesse il continuare a fare musica così come facevo da anni. Io sapevo di essere abbastanza forte e determinata da poter cantare su un palco nonostante il bambino che stava crescendo dentro di me e non credevo ci fosse nulla di male nel desiderare entrambe le cose.
"Sai, non sono una sconsiderata e so badare a me stessa. Sono concerti, non spettacoli da circo. Non mi accadrà nulla." cercai di rassicurarlo, usando un tono forse un po' troppo freddo, ma stringendogli la mano di rimando per non peggiorare ancor di più tutta quella brutta situazione.
"Non stai considerando che lì dentro c'è mio figlio e che a quel punto del tour sarai piuttosto incinta." disse ironicamente, indicando la mia pancia, voltandosi subito dopo per tornare a guardare la strada.
Lasciai bruscamente la sua mano e lo guardai male, incredula di fronte alle parole che aveva appena pronunciato.
"Stai davvero giocando questa carta?" gli chiesi, con ironia, incapace di credere alle parole che stavano uscendo dalle nostre bocche e al discorso folle che stavamo avendo, basato sul nulla e insensato, considerando quanto tempo ancora ci separasse dal giorno in cui avrei partorito.
"Non mi hai lasciato scelta." disse semplicemente, come se fosse una cosa ovvia, senza nemmeno prendersi il disturbo di guardarmi in faccia.
Non mi stava bene. Non mi stava bene affatto perché eravamo in due in quella situazione e avrei solamente voluto che si fidasse di me e che mi sostenesse nelle mie scelte. Avrei voluto che non dovessero esserci sempre mille problemi per tutto, avrei voluto che fosse tutto estremamente semplice ma probabilmente, con i caratteri che ci ritrovavamo, tra me e Filippo nulla lo sarebbe mai stato. Era proprio per quel motivo che volevo cercare di mettere da parte la rabbia e spiegargli quello che era il mio pensiero in maniera tranquilla, chiedendogli di accettarlo perché era una mia scelta e sarei andata fino in fondo, fin quando non mi sarei resa conto di non esserne più in grado.
"Beh forse tu non stai considerando che è anche mio figlio e che sta crescendo dentro di me, non dentro di te, e che continuerò a cantare e a fare i miei concerti finché mi renderò conto di esserne ancora in grado." gli spiegai e lo guardai in un modo probabilmente abbastanza buffo perché vidi un sorriso piuttosto divertito formarsi sul suo volto.
Vista dall'esterno quella scena sarebbe risultata molto comica e a dire il vero lo era.
"Quindi probabilmente terrai il tuo ultimo concerto la sera prima di partorire, o ancora peggio partorirai su un palco, considerando quanto sai essere testarda." scherzò, ridacchiando leggermente, anche se riuscivo a cogliere un leggero velo di tensione nelle sue parole.
Stavamo cominciando a venirne a capo, il suo tono di voce si stava addolcendo e potevo dire di star cominciando a centrare il mio obbiettivo, ossia quello di fargli capire e accettare le mie scelte, nonostante potesse non condividerle affatto.
Non gliene facevo una colpa, riuscivo a capire benissimo quanto quella gravidanza lo rendesse nervoso e quanto si preoccupasse, ma volevo solo che capisse che non era l'unico ad avere voce in capitolo, che oltre a parlare ascoltasse, che considerasse delle idee che erano differenti dalle sue.
"Qui non si tratta di essere testardi, Filippo." cercai di spiegarmi, intrecciando le mie dita a quelle della sua mano, posta sulla leva del cambio.
Lui la strinse forte, lasciando un bacio sul dorso che mi fece sorridere.
"Di cosa si tratta, allora?" mi chiese, con più tranquillità, e per la prima volta da quando avevamo iniziato a discutere mi sentii libera di parlare e dare sfogo ai miei pensieri, perché sapevo che finalmente mi avrebbe ascoltata senza interrompere.
"Si tratta di essere forte e io so di esserlo. Ho affrontato situazioni ben peggiori e di sicuro non sarà una gravidanza a fermarmi. Avere un figlio non mi terrà lontana dalla mia carriera." gli feci presente e lo vidi scuotere il capo, ma non perché fosse in disaccordo. Ciò che riuscii a percepire era che probabilmente non avevo capito fino in fondo ciò che aveva cercato di dirmi fino a quel momento.
"Non sarò io a tenerti lontano dalla tua musica e non sono io la persona a cui devi dimostrare di essere forte. So che lo sei, lo sei da morire." mi confortò, stringendomi leggermente un ginocchio, e quelle parole mi fecero sorridere come non avevo ancora fatto da quando eravamo saliti su quell'auto.
Il modo in cui Filippo riusciva a sconvolgere il mio umore, completamente, con poche semplici parole, non lo avrei mai ritrovato in nessun'altra persona. Avevamo vissuto troppe cose insieme perché potesse esserci anche solo un'altra persona che sapesse di me più di quanto non ne sapesse lui. Lui mi capiva, lui comprendeva ogni mio comportamento e il bello era che gli bastava solo un semplice sguardo, non serviva parola alcuna.
"Voglio solo che tu stia attenta. Mi preoccupo per te. Mi preoccupo per voi." mi sussurrò, un po' impaurito, e io sorrisi spontaneamente perché dietro a quelle parole erano racchiuse tutte le sue debolezze, le paranoie che da sempre erano parte di lui, la paura di perdere qualcosa alla quale ormai si stava abituando, il timore che ciò che stavamo costruendo potesse in un attimo cadere a pezzi.
"Sarai un papà straordinario, Filippo." lo rassicurai, avvicinandomi a lui per lasciargli un bacio sulla guancia, mentre lo guardavo sorridere con gli occhi leggermente lucidi per quelle mie parole.
Sapevo che lo sarebbe stato, lo avevo saputo dal momento in cui gli avevo detto di avere un ritardo, dal modo in cui aveva reagito nello scoprire il risultato del test, dalla gioia sul suo volto nel momento in cui gli avevo detto di voler tenere quel bambino. Lo sapevo per il modo in cui si comportava con la mia sorellina e dall'istinto protettivo che manifestava continuamente nei miei confronti. Lo sapevo per il modo in cui lasciava tanti leggeri baci sulla mia pancia che pian piano stava crescendo, ogni sera prima di andare a dormire. Lo sapevo per lo sguardo emozionato che gli si era formato sul volto durante la prima ecografia o per il fatto che tenesse la prima foto di nostro figlio, la prima stampa dell'ecografo, nella custodia del cellulare, come se fosse un pezzo di lui e in quel modo potesse portarlo sempre con sé.
"Voglio solo che ti fidi di me. E poi mancano più di cinque mesi al termine. Davvero vogliamo rovinarci la notte di Capodanno con una discussione di cui nemmeno ci ricorderemo il giorno del parto?" gli chiesi, ironicamente, e lo vidi scuotere il capo mentre si avvicinava, rallentando, ad un semaforo rosso.
"Mi fido di te, più che di chiunque altro." mi disse convinto, voltandosi verso di me per guardarmi negli occhi, con una sicurezza nella voce che mi mise i brividi, perché rendermi conto di essere la persona sulla quale contava di più al mondo, sapere di essere una certezza per lui, dopo tutto quello che avevamo passato nel corso degli anni, mi rendeva la persona più felice sulla faccia della Terra.
Mi avvicinai a lui e feci sfiorare le nostre labbra, fino ad unirle in un bacio a stampo piuttosto intenso, portando le mani sul suo volto, sulle quali lui ben presto poggiò le sue.
"E allora lasciami fare. So che con te posso parlarne, tu sai cosa si prova a stare su quel palco. Tu puoi capirlo, più di chiunque altro." gli intimai, ad un centimetro dalle sue labbra, e lo vidi annuire, con una forte convinzione che traspariva da quegli occhi che non erano mai stati in grado di mentirmi.
Lo baciai ancora, con più trasporto, portando le mani tra i ricci che aveva lasciato allungare e che formavano un vero e proprio cespuglio folto sulla sua testa. E continuammo a baciarci anche quando la luce del semaforo divenne verde, non curanti di ciò che stesse accadendo attorno a noi, finché il suono del clacson dell'auto in coda dietro di noi rimbombò nelle nostre orecchie, facendoci staccare di soprassalto.
Ci rivolgemmo uno sguardo veloce a vicenda e scoppiammo a ridere, come due ragazzini, mentre Filippo ingranava la marcia e ripartiva, chiedendo scusa a chiunque fosse dietro di noi con un gesto veloce della mano.
In fondo lo eravamo ancora, due ragazzini. L'età non aveva cancellato l'amore che ci legava, il nostro rapporto così speciale, così particolare, il nostro essere migliori amici e allo stesso tempo amanti. Nulla era cambiato e sarebbe sempre rimasto tutto allo stesso modo, perché tra di noi era così che funzionava.
"Non vedo l'ora che arrivi quel giorno." mi sussurrò, tornando serio, afferrandomi una mano e baciandone il dorso, facendo in modo che un brivido mi attraversasse la schiena.
Feci intrecciare le nostre dita e portai la sua mano sulla mia pancia, che stava iniziando a intravedersi in maniera evidente al di sotto del vestito che indossavo. Filippo vi lasciò una carezza e io sorrisi, poggiando la testa sulla sua spalla.
Quei momenti così intimi, solo nostri, che con il passare dei mesi e il crescere del pancione sarebbero diventati sempre più intensi, mi facevano rendere conto di quanto fossi fortunata e di come l'aver preso la decisione di avere un figlio mi stesse completamente stravolgendo la vita. Scegliere di tenere il bambino era stata la cosa migliore che potessi fare e non vedevo l'ora di poter stringere quella creatura tra le mie braccia.
"Anch'io, Filippo. Anch'io." mormorai, beandomi del bacio tra i capelli che mi lasciò fugacemente.
Passarono alcuni minuti di tranquillità in cui l'unico rumore che si poteva sentire nell'abitacolo di quell'auto era quello dei nostri respiri mescolati alla musica, a basso volume, proveniente dalle casse.
Avevo gli occhi chiusi e la testa poggiata sulla sua spalla, beandomi di quella calma, di quella pace che mi catturava completamente solo quando eravamo insieme.
Quella bellissima sensazione però fu in un attimo spazzata via da una brusca frenata da parte del mio ragazzo che mi fece sbarrare gli occhi per lo spavento.
Mi guardai intorno e mi resi conto che l'auto davanti alla nostra doveva aver svoltato all'improvviso, portando Filippo a frenare di colpo pur di non finirle addosso.
"Coglione!" gli sentii imprecare, mentre portavo una mano sul petto per lo spavento, cercando di calmarmi, perché il mio battito cardiaco era aumentato pericolosamente.
Mi osservai attorno e mi resi conto che eravamo fermi nel bel mezzo di un incrocio.
Filippo stava per ripartire quando i fari di un furgone proveniente dalla sinistra ci abbagliarono.
"Attento, Filippo!" urlai, ma lui non fece in tempo a rimettere in moto.
Il furgone era ormai troppo vicino e in un attimo tutto si annebbiò.
Un attimo prima toccavo il cielo con un dito, felice della mia vita e di festeggiare il Capodanno con la persona più importante che avessi, la persona che amavo. Un attimo dopo attorno a me c'era il buio più totale.
Non mi resi conto di ciò che accadde attorno a noi. La paura mi impedì di urlare e anche di respirare. Cercai di coprirmi il volto e, d'istinto, Filippo mi si gettò addosso cercando di proteggere me e il bambino. La nostra macchina venne spostata violentemente e, dopo aver battuto la testa, persi conoscenza, senza rendermi più conto di ciò che stava succedendo attorno a me.




Nonostante noi - IRAMAWhere stories live. Discover now