Capitolo 19

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Sabato, 24 marzo 2018

[Beatrice]

Mi strinsi nel mio giubbotto in jeans, trattenendo tra le mani la busta con la cena, nell'attesa che la porta dinnanzi a me si aprisse.
Quando si spalancò rivelò un Filippo piuttosto assonnato, probabilmente perché si era appena svegliato. Quando mi vide, sul suo volto si aprì uno dei sorrisi più belli che avessi mai visto.
"Ho saccheggiato il Mc Donald's." affermai, sollevando il sacchetto che avevo tra le mani, mostrandoglielo.
Il mio ragazzo si fece da parte, per farmi entrare nella stanza, e al mio passaggio gli lasciai un bacio a stampo sulle labbra.
Feci appena in tempo ad appoggiare il sacchetto sulla sua scrivania, prima di sentirmi avvolgere dalle sue braccia e sollevarmi dal pavimento.
"Siamo al serale!" urlò euforico Filippo, mentre mi faceva girare su me stessa, tenendomi stretta a sé.
Risi di gusto a quella scena, come non facevo da tempo.
Mi avvicinai a lui e gli avvolsi le braccia al collo.
Mi lasciò un bacio leggero sulle labbra prima di abbracciarmi, tenendomi stretta forte.
Tra quelle braccia mi sentivo a casa. Era una sensazione che non sarei mai riuscita a spiegare del tutto.
"Mangiamo?" gli sussurrai all'orecchio, mentre ancora mi teneva vicina al suo corpo.
Filippo annuì e si avviò, seguito da me, al tavolo su cui avevo poggiato il sacchetto.
"Grazie per oggi. Hai capito tutto, perfettamente, ancora una volta." lo ringraziai, riconoscente, mentre addentavo il mio cheeseburger.
Il gesto che aveva fatto in puntata valeva più di mille parole. Era sceso dalla sua postazione e mi aveva legato al polso il braccialetto di Mattia e non avrebbe potuto rendermi più felice.
"Non c'era bisogno di parlare in quel momento perché tutto ciò che avrei voluto dirti lo sapevi già."
Ed era proprio vero: non avevo bisogno di sentirmi dire da lui che ero forte, perché lo sapevo già; non avevo bisogno che mi dicesse che era orgoglioso di me perché me l'aveva davvero ripetuto allo sfinimento; non necessitavo di sentirmi dire che mio fratello sarebbe rimasto per sempre al mio fianco.
Avevo bisogno di fatti, di sentire mio fratello vicino per davvero, e Filippo con un semplice gesto c'era riuscito.
"E non c'è bisogno di ringraziarmi: so di essere un fidanzato perfetto." si pavoneggiò scoppiando a ridere un attimo dopo.
"Ma smettila!" gli ordinai, ridendo, lanciandogli una patatina.
Lui la afferrò e in un attimo la mise in bocca, provocandomi una risata ancor più forte.
Era da tempo che non ridevamo così insieme: spensierati e felici, senza alcun tipo di preoccupazione, e con l'amore nei confronti l'uno dell'altra.
"Filo noi stiamo bene adesso, vero?"
Era da un po' di giorni che quella domanda mi frullava in testa.
Tutto sembrava andare a gonfie vele tra noi ma le mie insicurezze facevano sempre capolino nei momenti peggiori.
Filippo mi guardò stranito ma poi si addolcì.
"Certo che stiamo bene, adesso sì." mi rassicurò.
Abbassai lo sguardo.
Avevo paura che la suddivisione in squadre per il serale ci portasse a stare separati. Non volevo che accadesse perché avevo bisogno di lui al mio fianco.
"Ehi..."
Filippo mi sollevò il volto mettendomi due dita sotto al mento.
"Vorrei tanto che questo equilibrio che ci siamo creati non debba spezzarsi." gli confessai.
Filippo aggrottò le sopracciglia, poi sembrò capire.
"Vieni qui." disse, prendendomi per mano e facendomi sedere sulle sue gambe.
Gli portai una mano sulla guancia, accarezzandogliela e facendolo sospirare.
Gli lasciai un bacio a stampo, senza mai interrompere il contatto con i suoi occhi.
"Hai paura che ci assegnino a due squadre diverse, vero?"
Annuii e un po' mi vergognavo di starmi preoccupando di una piccolezza del genere. Il nostro amore era vero e sarebbe rimasto tale anche dopo due mesi in casette differenti.
"Ascoltami, piccola peste. Siamo stati separati per quasi un anno, senza parlare, senza sapere nulla l'uno dell'altra, come se fossimo due sconosciuti, eppure ora siamo qui, insieme. Potrebbero separarci, è vero, ma non saranno due mesi a cambiare quello che sento per te."
Dio se lo amavo. Era la mia certezza più grande, forse l'unica, insieme alla musica.
"Lo so questo, ma sarebbe totalmente diverso affrontare il serale insieme a te. Sarei più tranquilla." gli spiegai e lui annuì, facendomi capire che per lui era lo stesso.
"Ricordati sempre che non hai bisogno di me per spaccare ed essere straordinaria perché lo sei già."
E rimasi senza parole nel sentirmi dire quella frase. Filippo riuscì a lasciarmi di stucco, ancora una volta, perché riusciva a farmi sentire speciale veramente con pochissimo.
Lo abbracciai fortissimo e mi lasciai stringere.
"Ma come fai?"
"A fare cosa?" mi chiese piuttosto divertito.
"A far sembrare tutto così semplice. Come fai?"
"Ho un talento naturale." mi prese in giro e io lo spintonai.
E ancora una volta rise, di gusto, trascinando anche me. E non mi sentivo così bene e soprattutto non eravamo così felici insieme da tantissimo tempo. Ed era bello ridere insieme a lui, lo era sempre stato. Era la cosa che più preferivo al mondo: odiavo i problemi, odiavo il fatto che fossimo stati separati, che il nostro rapporto avesse rischiato di crollare. Odiavo non avere Filippo nella mia vita e non riuscire più ad essere veramente me stessa, perché lui non c'era.
In quel momento mi sentivo nuovamente viva dopo tanto tempo e non potevo provare sensazione migliore.
Mi alzai dalle sue gambe e rubai una sigaretta dal suo pacchetto di Lucky Strike poggiato sul comodino.
Filippo mi guardò male ma poi mi seguì a ruota, raggiungendomi sul piccolo balconcino della sua stanza.
Aspirai dalla sigaretta, riempiendomi i polmoni di quel fumo che tanto mi faceva male ma di cui non riuscivo a fare a meno, per poi cacciarlo fuori.
"Sai, se penso a noi ancora mi sembra tutto strano." parlai ad un certo punto.
"Riguardo a cosa?" mi chiese.
"Al fatto che stiamo insieme. Eppure sono passati più di due anni."
A pensarci, mi sembrava ancora tutto così strano. Tutto così inconsueto. Era così che Filippo mi faceva sentire: strana. Ma in senso positivo. Tutto era positivo quando si trattava di lui.
"Per me sei ancora il mio migliore amico, del quale sono innamorata." gli confessai e lui si lasciò scappare una piccola risata.
I sentimenti che provavo nei confronti di quel ragazzo con le piume alle orecchie erano cresciuti e diventati sempre più intensi e le sensazione che sentivo quando stavo con lui non le avevo sentite con nessun altro in tutta la mia vita. Ma per me Filippo era sempre la stessa persona e sapevo di poter contare su di lui come potevo quando eravamo ancora solo amici.
"Dettaglio del tutto trascurabile, direi." mi prese in giro, alludendo al fatto che fossi innamorata di lui, mentre mi allacciava le mani attorno ai fianchi, dopo aver gettato la cicca della sigaretta, ormai consumata, di sotto.
"Sei un grandissimo cretino." borbottai, dandogli uno schiaffetto sul braccio, che lo fece ridere.
"Allora sei innamorata di un cretino." mi provocò.
"Touchè."
Sorrisi.
"Quando l'hai capito?" mi chiese e io feci finta di non capire, ma in realtà avevo compreso benissimo a cosa si riferisse.
"Di esserti innamorata, intendo." precisò.
Presi un bel respiro prima di parlare.
"Una sera, eravamo seduti sul marciapiede di fronte casa tua. Mi avevi praticamente costretta ad uscire di casa per fare una passeggiata e alla fine ci eravamo concessi una birra. Ad un tratto mi dicesti che ero bellissima. Eri sincero, te lo leggevo negli occhi. E probabilmente non lo ero per davvero quella sera, struccata, trasandata e con i capelli legati a caso. Eppure tu sei riuscito a farmi sentire bella per davvero. Lì, in quel momento, su quel marciapiede, mi sono resa conto di quanto fossi fortunata ad averti nella mia vita e di quanto fossi felice insieme a te."
"Sei sempre stata l'unica in grado di leggere questi occhi. E solo tu puoi renderti conto di quanto io sia sincero in questo momento dicendoti che sei la cosa più bella che mi potesse capitare."
Lo baciai. Non potevo fare altro. Ero senza parole e senza fiato per quanto il cuore mi stesse battendo forte nel sentirgli pronunciare quelle parole.
"Ti ricordi cosa ti ho detto il giorno che abbiamo chiarito dopo che, quella sera, da ubriaco, ho provato a baciarti?" mi chiese quando mi staccai da lui per riprendere fiato.
"Mi hai detto tante cose quel giorno."
Filippo sorrise.
"Avevi paura e io ti ho detto che qualsiasi cosa fosse successa, se fosse andata male, se ci fossimo separati, se avessimo litigato, niente avrebbe mai posto fine al nostro rapporto, perché questa vita dobbiamo affrontarla insieme, in un modo o nell'altro."
Mentre ascoltavo quelle parole nella mia mente si fece spazio la scena del momento in cui me le aveva dette per la prima volta.
Ero spaventata, frustrata dal pensiero che se avessimo iniziato una relazione tutto ciò che avevamo costruito in quegli anni, la nostra bellissima amicizia, sarebbe andato a rotoli. Eppure Filippo era così convinto del contrario che mi aveva spinta a rischiare insieme a lui. E alla fine la scelta si era rivelata giusta.
"Mi sa che avevi ragione." ammisi, facendogli una linguaccia.
Filippo catturò le mie labbra con le sue, adagiandomi dolcemente al muro e iniziando a baciarmi prima con delicatezza, poi con più foga.
Mi afferrò per le natiche e io mi lasciai sollevare, allacciando le gambe attorno al suo bacino.
Mi lasciai trasportare sul suo letto e gemetti quando i nostri corpi, stesi uno sull'altro, entrarono maggiormente a contatto.
Le labbra di Filippo abbandonarono le mie e iniziarono a lasciare una scia di umidi baci lungo la mandibola per poi scendere al collo. Filippo scostò leggermente il mio maglione, iniziando a baciarmi la clavicola e poi la spalla.
Sospirai quando sentii il freddo delle sue mani, infilatesi sotto il tessuto del mio maglioncino nero, a contatto con la pelle dei miei fianchi, ma a malincuore lo fermai, allontanandolo con una mano sul suo petto.
"Filo non possiamo." gli spiegai, nella speranza che lui capisse.
Mi rivolse uno sguardo interrogativo, mentre si reggeva sul mio corpo con i gomiti per non pesarmi addosso.
"Ho il ciclo." fui costretta a dire e lo vidi sbuffare.
"Che palle voi donne, ne avete sempre una!" si lamentò, divertito, mentre si stendeva al mio fianco.
Mi girai verso di lui, poggiandomi su un fianco, mentre una piccola risata usciva dalle mie labbra.
"Lo sai che se fosse dipeso da me..." lasciai la frase in sospeso, alludendo al fatto che sicuramente, se non avessi avuto il ciclo, saremmo stati su quel letto a fare altro in quel momento e non di certo a parlare.
Portai una mano sulla sua pancia, al di sotto del tessuto della sua felpa, e pian piano risalii fino ai pettorali. Lo sentii sospirare sotto il mio tocco e ciò mi fece sorridere. Mi piaceva pensare di avere quell'effetto su di lui.
"Mi stai rendendo le cose molto difficili, Beatrice." sospirò ancora, mentre chiudeva gli occhi.
Mi veniva da ridere nel vederlo così debole.
"Mmh mi piace quando usi il mio nome per intero." lo stuzzicai ancora, avvicinandomi alle sue labbra e lasciandogli una scia di baci all'angolo della bocca, che tanto lo facevano impazzire.
"Smettila di provocarmi." mi supplicò, guardandomi fissa negli occhi.
Adoravo da matti quel lato di Filippo, che tanto voleva fare il duro ma che alla fine si perdeva in una carezza.
"Altrimenti cosa fai?"
"L'hai voluto tu." mi sorrise per poi afferrarmi i polsi, bloccandomi.
Le sue mani si spostarono sulla mia pancia e mi resi conto di quali fossero le sue intenzioni quando ormai era troppo tardi: iniziò a farmi il solletico, ovunque, mentre dalla mia bocca si liberava una serie di urla miste a risate.
Non mi sentivo così bene, così spensierata, da tanto tempo. E Filippo riusciva sempre a farmi stare bene. Il mio posto felice nel mondo era accanto a lui.
"Basta, tregua!" urlai, cercando di liberarmi, ancora ridendo, dalla sua presa.
Lui mi diede ascolto, lasciandomi in pace.
Ci guardammo in faccia e scoppiammo a ridere come due bambini.
Ed eccola la nostra amicizia, quel legame che non ci avrebbe mai abbandonati. Prima di essere il mio ragazzo, la persona di cui ero innamorata, Filippo era il mio migliore amico, l'unico che era sempre stato in grado di capirmi con uno sguardo, di farmi sorridere quando ero giù e di consolarmi nei momenti peggiori. Con lui stavo bene perché era la persona che meglio mi conosceva tra tutte.
"Era da tanto che non ridevo così." gli confessai e lui mi sorrise e potei leggere la felicità nei suoi occhi, per il fatto che fosse merito suo se in quel momento stavo così bene.
Mi distesi nuovamente e lui poggiò la sua testa sul mio petto.
"Ancora non ci credo di essere arrivato al serale. Ho toccato il fondo e adesso mi sto rialzando. Voglio riprendermi il mio posto, insieme alla mia musica." mi spiegò mentre gli accarezzavo i capelli.
"Ci riuscirai." lo rassicurai.
"Se c'è qualcuno che conosco che non hai mai mollato di fronte ad una difficoltà, quello sei tu. Ce la farai perché te lo meriti." continuai, lasciandogli un bacio tra i capelli.
Lo sentii sorridere contro il mio petto ed io lo feci di rimando.
Rimanemmo così, in silenzio, finché entrambi non ci addormentammo, abbracciati.
Mentre il mondo attorno continuava a girare, in quella stanza esistevamo solamente noi due.




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