Capitolo 30

1.8K 42 5
                                    

Lunedì, 18 giugno 2018


[Beatrice]

"Questa è l'ultima scatola." mi informò mio padre, mentre la poggiava a terra, all'ingresso di quella che stava diventando casa mia.
Era passata una settimana dalla vittoria di Filippo ad Amici. Avevamo passato due giorni insieme e poi ci eravamo divisi per alcuni instore. Ne avevo fatto uno a Roma e poi ero volata a Milano. Il calore e l'affetto che stavo ricevendo in quelle giornate era davvero pazzesco e stentavo a credere di essere così fortunata.
Ai miei instore veniva un sacco di gente, sui social ero bombardata di messaggi di affetto e di complimenti, era tutto davvero fantastico.
Era difficile per me e Filippo trovare dei giorni in cui fossimo liberi entrambi per poter stare un po' insieme e fortunatamente quel weekend nessuno di noi due aveva impegni.
Ne avevamo approfittato per tornare a Monza e iniziare a spostare le mie cose a casa sua. Avevamo solo altri due giorni per stare insieme e li avremmo sfruttati al massimo.
"Grazie papà."
"Sicura che non vuoi che ti aiuti a portarlo su?" mi chiese mio padre, premurosamente.
Scossi la testa, convinta.
"Tranquillo, salgo in ascensore." lo informai.
"Dì alla mamma che tra un'ora passo a prenderla e la accompagno a fare quella visita." lo avvisai, prima che andasse via.
Mi dispiaceva un sacco in quel periodo dover stare lontano da casa e non potermi godere la gravidanza di mia madre. Era una cosa davvero tanto importante per me, ci tenevo un sacco. Mia madre aveva una visita proprio quel lunedì pomeriggio e allora ne avevo approfittato e le avevo chiesto di accompagnarla. Volevo cercare di perdermi il meno possibile di quella gravidanza.
Mio padre annuì.
Gli lasciai un bacio sulla guancia, prima che si voltasse per andar via.
"Saluta Filippo da parte mia." mi urlò da lontano, quando ormai era già vicino alla sua auto parcheggiata.
Gli mostrai il pollice all'insù, sorridendogli, e afferrai lo scatolone che era ai miei piedi, trasportandolo con poca fatica fino all'ascensore.
Mi rigirai il cellulare tra le mani, così come avevo fatto pochi giorni prima, nell'ascensore dell'hotel nel quale avevo pernottato tra una giornata di instore e l'altra, quando mi era arrivato un messaggio in cui mi avvisavano che erano stati aggiunti alcuni eventi durante la prima settimana del mese di luglio, che inizialmente avrebbe dovuto essere libera.
Avevo promesso a Filippo di trascorrere del tempo insieme, perché quella settimana era l'unica realmente priva di impegni per entrambi. Gli instore e gli eventi che facevamo non coincidevano quasi mai così avevamo davvero pochissimo tempo per vederci.
Non gli avevo ancora detto che quella settimana in realtà non ci saremmo visti: avevo provato, più di una volta, ma non ci ero riuscita, spaventata da come avrebbe potuto prenderla e perché non volevo che ci stesse male. Sapevo quanto ci tenesse, quanto gli pesasse stare separati per così tanto tempo, la lontananza era un suo limite e mi dispiaceva un sacco.
Aprii la porta di ingresso con lo scatolone tra le braccia e non appena Filippo mi vide, si precipitò ad aiutarmi, chiudendo la porta dietro di me.
Mi prese lo scatolo dalle braccia e lo poggiò sul tavolo.
"Tuo padre è andato via?" mi chiese.
Annuii, avvicinandomi allo scatolone che aveva appena poggiato sul tavolo, per vedere cosa contenesse e iniziare un po' a sistemare.
C'erano un sacco di videogiochi e ricordi della mia adolescenza, dischi, dvd e qualche foto.
Filippo mi si avvicinò e quando riconobbe tra quella roba uno cd di Vasco Rossi, lo afferrò, guardandomi male.
"Che c'è?" lo guardai, non capendo.
Il mio ragazzo accennò un sorrisino.
"Che ladra che sei! Non riuscivo a spiegarmi dove fosse finito." mi accusò.
Fu a quel punto che mi ricordai tutto. Lo avevo preso dalla sua auto una volta per poterne fare una copia e alla fine erano passati anni ma non gliel'avevo più ridato.
"Non è vero, l'ho solo preso in prestito."
"Mh si, tipo quattro anni fa." mi fece notare.
"Ah si? Come passa il tempo!" esclamai, facendolo scoppiare a ridere.
Gli allacciai le braccia al collo, lasciando che mi baciasse la punta del naso.
"Devo darti una brutta notizia, Filo." gettai la bomba, sperando di limitare i danni il più possibile.
Filippo corrucciò la fronte, sospirò e mi diede modo di parlare.
"So che ti avevo promesso che saremmo andati insieme a Carrara agli inizi di luglio..." iniziai, lasciando in sospeso la frase.
Filippo mi guardò abbastanza contrariato.
"Qual è il problema?" mi chiese, rassegnato.
"Hanno aggiunto altri quattro instore per quella settimana." gli comunicai.
Filippo sbuffò staccandosi leggermente da me.
"Dai Filippo, sai che non posso farci nulla."
"Che palle!" sospirò amareggiato, allontanandosi.
Lo guardai afferrare una sigaretta dal pacchetto che aveva in tasca e lasciarmi lì per andare sul balcone a fumare.
Presi un bel respiro e lo raggiunsi. Mi appoggiai alla ringhiera, accanto a lui, e lo osservai per qualche secondo guardare il vuoto.
"Perché non ne va mai bene una?" mi chiese retoricamente ad un certo punto.
Lo guardai e sospirai, senza sapere cosa rispondergli esattamente.
"Non puoi chiedere di spostarli?"
Rimasi sorpresa a quella domanda. Lui stesso sapeva quanto fosse impegnativo quello che facevamo e adorava quanto me incontrare i fans, quindi ero stupita dal fatto che fosse proprio lui a chiedermi una cosa simile.
"Tu lo sai meglio di chiunque altro quanto io stia amando fare gli instore, Filippo." cercai di farlo ragionare.
Ero sicura che parlasse così per la poca lucidità in quel momento, lo conoscevo e sapevo che la rabbia gli faceva dire cose che non pensava.
"Ah quindi tu preferisci fare qualche instore in più piuttosto che passare del tempo con me nell'unica cazzo di settimana in cui potevamo stare insieme senza impegni, dato che praticamente non ci vediamo mai?" mi chiese, alzando leggermente il tono della voce.
Lo guardai male. Non mi piaceva vederlo così alterato, stava cercando di sfogare la sua rabbia ma non avrei accettato che tutto ciò si riversasse su di me.
"Lo sai che non ho detto questo." gli feci notare, avvicinandomi a lui e accarezzandogli delicatamente il braccio.
Filippo lo ritrasse, spostandosi un po' più lontano da me.
Lo guardai per alcuni secondi incredula, senza proferire parola, cercando di interpretare ciò che aveva appena fatto e rimanere calma, ma mi era veramente molto difficile riuscirci.
"Se stai cercando un pretesto per litigare, io non ci sto." gli spiegai, piuttosto amareggiata.
Lo capivo. Comprendevo il suo ragionamento e il suo disappunto riguardo al fatto che i nostri impegni non coincidessero minimamente, ero giù quanto lui per il fatto che potessimo vederci praticamente dieci giorni in due mesi: quella situazione era difficile per entrambi e lui lo sapeva benissimo. Semplicemente non accettavo il modo in cui stava reagendo, quasi come se la colpa di tutto quel casino fosse mia.
"Sai benissimo come funziona, anche tu hai i miei stessi impegni, lo so che lo capisci." cercai di tornare a parlarci in maniera un po' più tranquilla, per permettergli di calmarsi.
"Tanto tu sei abituata a stare in un'altra città, senza vederci per settimane, non hai alcun problema, giusto? Beh io non sono così abituato." urlò, accusandomi e a quel punto sbottai.
Non era giusto che ritirasse in ballo quella storia. Non era corretto perché non lo meritavo, perché non centrava nulla, perché lo sapeva quanto ci stessi male e soprattutto perché era arrabbiato e sapevo che quelle cose non le pensava realmente. Filippo era così, quando litigavamo: ritirava in mezzo avvenimenti anche di dieci anni prima, rinfacciava tutte le cose sbagliate fatte contro di lui, per cercare di stare dalla parte della ragione, e quel lato di lui l'avrei sempre odiato.
"È sempre bello vedere quanto gli sforzi che ho fatto per dimostrarti che mi dispiace siano stati vani. Bella merda." sussurrai, più a me stessa che a lui.
Rientrai in casa, andai un attimo a sciacquarmi la faccia e, dopo aver indossato la giacca, afferrai le chiavi dell'auto per andare a casa dei miei.
"Bea..." sentii richiamarmi.
Mi voltai verso Filippo, ma lui non pronunciò altre parole.
"Vado ad accompagnare mia madre dal medico, vedi di fartela passare." gli comunicai, freddamente, prima di voltarmi e uscire di casa.
Litigare con Filippo era la cosa peggiore per me: avevamo due caratteri troppo simili che quando si scontravano creavano un macello e facevano stare male entrambi e proprio perché mi somigliava così tanto riuscivo a capire il perché di ciò che faceva o diceva.
Filippo era così, teneva dentro per poi esplodere di colpo, e quando esplodeva era in grado di farti sentire di merda.
Dovevo assolutamente tranquillizzarmi, non volevo che mia madre mi vedesse così agitata e soprattutto volevo godermi quel po' di tempo che avevo la possibilità di passare insieme a lei.
Dopo circa dieci minuti in auto ero arrivata a casa dei miei genitori e avevo salutato mia madre con un abbraccio.
Il tragitto fino allo studio del medico fu piuttosto silenzioso: il pensiero di Filippo, delle parole che mi aveva detto e la voglia di prenderlo a schiaffi mi avevano annebbiato la mente.
"Perché sei così silenziosa?" mi chiese mia madre.
Lei era la donna che mi aveva messo al mondo, quella che più mi voleva bene, colei che mi conosceva meglio di chiunque altro: come avevo potuto pensare che non riuscisse a capire che c'era qualcosa di strano?
"Nulla di importante, ho solo tanti pensieri per la testa, mamma." le spiegai, sommariamente.
Non volevo che si preoccupasse.
"Dai, l'ho capito che c'è qualcosa che non va, sai?" mi disse retoricamente e io sorrisi.
Sbuffai.
"Ho litigato con Filippo." le spiegai brevemente.
Mia madre scoppiò in una piccola risata che mi stupì.
"Oh tesoro, sai quanti altri litigi vi aspettano? Non vale la pena che tu ti riduca così, credi a me." mi consigliò, divertita, e io riflettei su ciò che mi aveva appena detto.
"Il fatto è che è testardo, mamma. Dovevamo andare a Carrara il mese prossimo ma ho degli instore, non è colpa mia, ma lui se l'è presa. Mi verrebbe voglia di prenderlo a schiaffi, guarda." mi sfogai.
Mi dava fastidio il fatto che avessimo solo due giorni per stare insieme per poi ripartire per i nostri impegni e stessimo sprecando il nostro tempo a litigare. Non volevo perdere nemmeno un attimo perché sapevo che mi sarebbe mancato troppo nei giorni successivi.
"Gli uomini sono così, Bea. Fanno i capricci, come i bambini. Sono difficili e noi ci innervosiamo perché non si comportano come vorremmo. Ma credimi, è anche per questo che li amiamo. La voglia di prenderlo a schiaffi è dettata dall'amore che provi per lui." mi spiegò, facendomi sorridere.
"Dagli un paio d'ore: quando tornerai a casa verrà a chiederti scusa da sé." scherzò.
Risi a quella battuta, che non si distanziava nemmeno così tanto dalla realtà. Era molto probabile che Filippo si scusasse, anzi probabilmente lo avrebbe già fatto se solo gliene avessi dato il tempo, ma ero troppo accecata dalla rabbia per permettergli di parlare.
La visita di mia madre procedette per il meglio: il medico le disse che tutto era nella norma, che la gravidanza stava andando benissimo e durante l'ecografia ci eravamo emozionate entrambe. Quel bambino era veramente un dono che avrebbe portato finalmente un po' di luce nella nostra famiglia, dopo tanto tempo.



Nonostante noi - IRAMAWhere stories live. Discover now