Capitolo 33

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Entro nella mia stanza e prima di chiudere la tenda mi fermo a guardarlo.
Ma cosa ho fatto?
Mi sono lasciata andare e non dovevo. Non succederà più.
Chiudo la tenda e spengo la luce.

È andato via, o sta ancora qui?
La curiosità è alta quindi sposto un pezzo di materiale e guardo fuori.

Sta andando via.
Cosa starà pensando in questo momento?

Si gira verso la finestra.
Oddio, spero non mi abbia vista.
Mi metto sotto le coperte sperando di addormentarmi in poco tempo, ma non succede.
Che odio quando il mio sonno viene interrotto da questi pensieri.
Ultimamente non dormo a causa di questi.

È passata un'ora ed io sono ancora sveglia.
Ho fame, il mio stomaco è vuoto. Sarà perché le farfalle abbiano ingerito tutto quello che avevo dentro.
Vado verso la cucina.
È tutto buio, ma non voglio accendere la luce per non svegliare gli altri.
Visto che abito da una vita in questa casa dovrei sapere anche il minimo dettaglio, ma non è così. Vado a sbattere contro la porta.

"Che doloreee!" Urlo.
Solo io. Potevo almeno prendere il telefono per fare un po' di luce, ma si vede che il mio cervello a quest'ora non funziona bene.
Apro la luce maledicendo questa porta. Non poteva essere aperta?

No guarda, voleva farti un dispetto, per portarti un po' alla realtà.

Cerco, ma non trovo niente che possa soddisfare i miei gusti a quest'ora.
Qualcosa attira la mia attenzione, la cioccolata spalmabile.
Almeno una gioia!
Prendo un cucchiaio e vado in camera mia, sperando che non succeda qualcos'altro.
Stavolta devo essere più attenta.

Spengo la luce.
Noo, è ancora più buio di prima.
Maledizione!!!

Vai Ashley, piano piano eh...
Cammino come una lumaca, ma qualcosa impedisce il mio cammino.
Inciampo e casco a terra con il barattolo di cioccolato. Per fortuna non si è spaccato.

Ma che cavolo è, cosa mi ha fatto inciampare?

Sento miagolare.
Eh certo, chi può essere?
"Amore, ma proprio adesso dovevi comparire? Guarda cosa hai combinato. Io stesa a terra, però almeno il cucchiaio l'ho tenuto ben stretto. Che disastro!
Dai vieni, ti prendo in braccio così non mi fai cascare un'altra volta."

Prendo il gatto, il brattolo e il cucchiaio che avevo già in mano e mi dirigo verso la mia stanza. Per fortuna sono arrivata sana e salva.

Accendo la luce e mi metto sul letto con le cuffie mangiando il mio cioccolato con il cucchiaio.
Eh sì, io lo mangio così. Non mi piace spalmarlo sul pane. Che senso ha mangiarlo con il pane quando puoi fare prima con il cucchiaio.

"Che c'è, ne vuoi un po' anche tu?
No, no il cioccolato a te fa male. Solo a me fa bene. Guarda come sono felice. Vedi?"

Il gatto mi guarda come se mi volesse dire: 'Hai qualche problema?!'...
Forse l'avrà detto nella sua lingua, chissà?

Poso il cioccolato sulla scrivania e mi metto sotto le coperte con la speranza che questa volta mi addormenti.
Il gatto mi segue e si mette vicino a me. Forse con lui potrò addormentarmi prima.
È come una protezione per me. Ha un ruolo fondamentale nella mia vita. Gli parlo spesso perché penso mi capisca meglio di qualunque essere umano.

"Ashley, c'è un ragazzo alla porta che ti aspetta."
Entra mamma all'improvviso nella mia stanza.

Guardo l'ora e sono solo le 9:00.
Ma chi è a quest'ora?
Mi viene subito in mente Charles.
Non poteva aspettare?
Ne parlavamo un'altra volta di quello che è successo ieri.

Mi metto qualcosa sopra il pigiama ed apro la porta.
Appena lo vedo rimango pietrificata.
Sarebbe stato meglio se fosse stato Charles.

Gli chiudo la porta in faccia.
"Ashley,  apriii. Ieri non mi hai risposto al telefono, quindi ho deciso di venirti a trovare a casa."
"Hai pensato male."
"Daii apri, dobbiamo parlare."
"Non ci penso proprio. Vai via finché non ho chiamato la polizia."
"Non potrai evitarmi per sempre. Devi ascoltarmi una volta per tutte."
"Non ho tempo per le tue cazzate."
"Ma non sono cazzate, dai Ashley apri. Ti scongiuro."

Non gli rispondo, sperando che se vada.
"Chi è che urla? Ma Ashley, perché non apri al povero ragazzo?"
"Mamma nooo.. non apri.." non finisco che ha già aperto.

Mi ritrovo quella sua faccia schifosa davanti. Quanto è odioso. Chi lo sopporta? Penso nessuno.
"Buongiorno signora. Scusi il disagio, ma la sua figlia non mi apriva."
"Stavo per aprirti, sei tu che sei impaziente."
Gli lancio un'occhiataccia sperando che capisca che non deve dire niente a mia madre.
"Chi sei? Come ti chiami?"
"Mi chiamo James e sono il figlio di Jacob Davies."

Mamma non dice niente. Per un attimo sta in silenzio.
"Signora, che le succede? Tutto bene?"

Mamma ha cambiato umore. Cosa le avrà detto quel nome?
Non risponde, semplicemente va in camera sua.
Non capisco.

"Vai via e non comparire mai più davanti ai miei occhi."
"Altrimenti?"

Chiudo la porta senza ribattere.
Vado nella stanza di mia madre, ma questa è chiusa a chiave.
Busso, ma non risponde.

Cosa le sarà successo?
Forse si sentiva male in quel momento, ma non può essere.
Secondo me quel nome le aveva detto qualcosa, oppure ricordato il passato. Devo scoprire.

Decido di lasciarla sola. Magari non ne vuole parlare.

Accendo il computer e cerco Jacob Davies.
Ho già visto suo padre, ma non abbiamo mai scambiato una parola. Ogni volta che stavo con James, andavamo in giro e mai a casa sua né tanto meno a casa mia.

Le informazioni che trovo sulla sua identità mi dicono semplicemente che è un uomo d'affari, molto importante nella società e bla bla bla. Non ha niente di strano.

Forse quello che sta cercando di dirmi James riguarda proprio suo padre.

No, non penso.
Saranno le sue solite cazzate per farmi ritornare da lui.

Non ci penso proprio.
Se lo deve solo sognare.
Apro la porta per andare al bagno, ma mi blocco non appena sento i miei genitori parlando.

"Jack, adesso cosa faremo? Jacob è ritornato."
"Amore, stai tranquilla, andrà tutto bene."

Rimango sorpresa. Avevo ragione. Quel nome c'entra qualcosa nella loro vita. E lo devo scoprire assolutamente perché loro non mi diranno mai niente.

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