Capitolo Cinquantuno: Non Voglio Piangere

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Sono persa.

Starete pensando che mi sento persa dopo la rottura con Parker. Voglio dire, lo sono di sicuro, mi sento persa, triste, confusa. Ma ciò che intendo davvero è che sono persa, mi sono letteralmente persa. Non ho idea di dove mi trovi.

Già, una delle tipiche situazioni in cui mi ritrovo. Visto che volevo avere l'ultima parola, mi sono allontanata da Parker come una tempesta. Lui ha provato a seguirmi, ma alla fine si è arreso o mi ha persa di vista. Non volevo tornare a casa, probabilmente perché Parker avrebbe voluto provare a parlarmi e mi avrebbe raggiunta lì o perché i miei genitori avrebbero notato la mia aria malinconica e avrebbero voluto parlarne. Onestamente volevo un po' di tempo per me stessa, per pensare da sola. Quindi ho messo un piede davanti all'altro e ho iniziato a camminare.

E adesso eccomi qui, persa.

Controllo la mappa sul mio telefono e mi rendo conto di essere totalmente fuori strada, dovrei prendere un paio di autobus per tornare a casa. Quanto desidero non aver sprecato gli ultimi soldi che mi rimanevano per comprare un hot dog da una bancarella. Beh non è stato proprio uno spreco. Voglio dire, ciò che mi ha fatto comprare l'hot dog sono stati il suo sfrigolare sulla piastra e il suo odore persuadente e provocante, ma ciononostante era buono lo stesso. L'ultima cosa che voglio fare è chiamare i miei genitori per farmi venire a prendere fino a qui e sentirli rimproverarmi per tutta la strada di ritorno. Parker è fuori questione. È adesso che ci penso, i ragazzi. Forse gli creerei troppo disturbo, e dubito che lo faranno dopo che tutto ciò che è successo è stato per nulla.

Mi siedo su una panchina e mi metto la faccia tra le mani lasciando uscire un sospiro. "Tutto questo per niente."

E adesso non ho nessuno. Di nuovo. O forse non ho mai davvero avuto qualcuno, non avevo neanche me stessa. Non so se dovrei dare inizio ad un fiume di lacrime o urlare in preda alla frustrazione di me e della mia vita patetica che ho reso ancora più triste e patetica quando ho perso i ragazzi. Ho solo bisogno di qualcuno adesso, ho bisogno dei ragazzi. Non so cosa direi o farei se li vedessi, non mi importa di cosa direbbero o farebbero se mi vedessero. Voglio solo vederli.

Accendo il telefono e apro l'app Trace Ace. Guardo la mia posizione e batto le palpebre. Sono vicini, sono tutti e tre a pochi isolati di distanza. Mi alzo dalla panchina e seguo la mappa mentre cammino lungo la strada. Quando arrivo, alzo lo sguardo dal telefono e lo vedo.

Un bar.

Beh. sono la mia unica opportunità di avere un passaggio fino a casa. Ma so che questa è solo una scusa per vederli di nuovo. Faccio un respiro profondo e cammino verso il bar. Salgo i gradini ed inizio ad aprire la porta quando una mano la chiude improvvisamente. Alzo lo sguardo e vedo un tizio enorme che indossa una maglietta nera e dei jeans. Sorpresa dalla sua stazza, indietreggio.

"Cosa pensi di fare?" Mi chiede mentre posa la sua birra a terra.

Un buttafuori, ecco cosa deve essere.

"Non avevo mai visto un bar con un buttafuori prima d'ora," Commento.

"Allora non devi mai essere stata in un bar prima d'ora," Ribatte lanciandomi un'occhiata sospettosa.

Beh su questo ha ragione. "Devo entrare nel bar. I miei amici sono dentro."

"Okay, allora fammi vedere la tua carta d'identità."

Mi coglie di sorpresa. E so già di aver perso l'occasione di mentirgli, non che avrebbe funzionato, ma non ho ancora una carta d'identità.

"N-non ce l'ho," Rispondo sperando che provi un po' di pietà.

Ma invece gli si forma sul viso un sorriso inquietante. "Beh, mi sa che abbiamo un problema. Vuoi entrare in un bar, ma non sei abbastanza grande."

The Good Girl's Bad Boys: The Good, The Bad, And The Bullied (traduzione italiana)Where stories live. Discover now