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Questo è per Elisa blacksoul.

E Mario l'aveva preso per mano e l'aveva portato via. Nei giorni successivi non si erano staccati. Avevano passato il tempo a guardarsi nei meandri più profondi, con gli occhi e non solo. Dopo una lunga doccia nello studio di Mario, Claudio era uscito e ancora bagnato si era messo ad osservarlo. Così bello, così suo. "E tu? Io voglio sapere tutto di te". Mario aveva sorriso sotto l'asciugamano con cui si stava strofinando i capelli e poi gliel'aveva tirato addosso. "Ti posso raccontare le tappe della mia vita se vuoi ma tu sai già tutto di me Claudio. Lo sai da sempre". E come una droga avevano rifatto l'amore tenendosi stretti.

E poi il giorno era arrivato qualche settimana dopo, dopo essersi autorimproverati di non esser più usciti di casa perché troppo impegnati a stare l'uno nei pensieri dell'altro. Avevano visto a malapena il mondo. Funziona così. Quando perdi la testa per qualcuno tutto il resto diventa sfocato e privo di importanza. "Tu almeno per andare a lavoro esci, io non esco da questo studio da giorni. Mi devo disintossicare Cla, stasera esco". Claudio mentre si vestiva per andare in ospedale l'aveva baciato sui capelli, "Va bene. Stasera facciamo una pausa. Anche io devo stare un po' con Paolo sennò rischio che mi tolga la parola". Mario l'aveva guardato dal basso mentre si infilava l'ultima manica. "Ma uscite o state in casa?". Claudio aveva sorriso, "Stai già cercando di scoprire dove vado?". Mario aveva alzato gli occhi al cielo. "Era per sapere, fai come cazzo vuoi. Adesso togliti di qui prima che ti spoglio un'altra volta. Via, aria, lasciami respirare". Ironicamente l'aveva spinto verso la porta per poi fermarsi e salutarlo marcando il territorio con un bacio. "Ci vediamo domani soldatino, fai il bravo", e aveva chiuso.

E quando inizi una storia si tratta anche di non cedere con troppa facilità. È il momento in cui la mancanza ti toglie l'aria per respirare ma allo stesso tempo si deve cercare di mantenere i propri spazi e non invadere troppo quelli dell'altra persona. E quindi chi in un modo e chi in un altro, Mario e Claudio stanno passando le ore mordendosi le mani. Fanculo vado a bere. La soluzione di Mario è nel bar che fa jam session il giovedì sera. È inizio estate ormai, c'è un giardino con dei tavolini e dei cuscini grandi su cui sedersi. Mario conosce quasi tutti quelli che suonano. È lì con Tessa e altri del gruppo. Claudio è in casa con Paolo, in previsione c'è una serata fatta di film, canzoni, risate, confidenze.
Il problema però è che non funziona così per niente.
Quando una persona ti entra sotto la pelle non ti lascia la libertà di pensare, di distrarti, di smettere. Quando una persona ti entra sotto la pelle fa sì che perfino le nuvole parlino di lei. È un incantesimo o una maledizione che ti fa alzare la mattina e ti fa dormire la sera. E all'inizio, proprio quando ti tuffi interamente in questo oceano fatto di anime che si intrecciano, sei così annebbiato che non te ne rendi conto. Poi quel giorno arriva. Il giorno in cui provi a farne a meno. 
Non è cattiveria, senza volerlo si diventa egoisti con il mondo intero eccetto che con una persona. Si sente, si vede, si fa. Ma il mondo ti ruota attorno veloce mentre tu balli un lento con una sola persona. E quella musica non la sente nessun altro. Sono tredici ore che Claudio è uscito da quella casa perché entrambi vivessero una giornata singolarmente. Tredici ore interminabili. Mario è seduto lì in quel giardino circondato da amici che parlano, di cui di solito è mentore e principale intrattenitore. E Claudio sta guardando uno dei loro film preferiti, di cui a fatica si ricorda le battute che sempre recitano, a fatica riesce a stare dietro a Paolo. I loro occhi si muovono sulle cose ma si sentono persi, funziona così. Il cantante fa una cover di Mannarino.
Quando sono con te
non so più chi sono perché
crolla il pavimento
e mi sciolgo qui dentro
Quando penso a te
mi sento denso perché
io ti tengo qua dentro di me
io ti tengo qua dentro con me.
La mente di Mario è sulla schiena di Claudio, sulle sue labbra, sente il suo sapore, il suo odore, ha la nausea, è in apnea, lo vede lì sotto la doccia, nudo, che lo guarda con i suoi occhi verdi e si concede, buono da mangiare, da farci l'amore, da dormire sereno. Ansia, come si fa a dormire stanotte? Paura del vuoto. Chi si prende cura di lui? Lo vuole incatenare al suo letto e non farlo uscire mai più. Ma dove vado senza di te? Lo vuole lasciare libero e vederlo sorridere. L'importante è che tu sia felice sempre.

"Claudio basta ti prego, infili Mario in ogni discorso. Non è possibile". Claudio lo sa. "Hai ragione Pà scusa, non lo faccio a posta". Paolo sbuffa. "Ti preferivo quando eri solo e miserabile ma almeno di compagnia". Claudio gli tira un cuscino. "Non mi fare sentire in colpa, non so perché faccio così ma non riesco a pensare ad altro che a lui, è un'ossessione". Paolo sospira. "Non ci vuole un genio, dai che sei intelligente". Claudio abbassa lo sguardo imbarazzato perché ovviamente sa a cosa si riferisce Paolo. Lo guarda appena. "Credi che anche per lui sia così?". Paolo ormai ha abbandonato ogni speranza di parlare d'altro o di finire il film. "Questo lo puoi sapere solo te, dovresti percepirlo da come ti guarda, da come ti tocca". Claudio sente un brivido attraversargli il corpo. I suoi occhi, le sue mani. Ripensa a poche ore prima, quando l'hanno fatto sul pavimento e poi sono rimasti intrecciati per ore a baciarsi, a sorridersi. Dio santo. Sente male d'amore nel basso ventre. Forse dovrebbe chiederglielo, o forse no, è un errore. E se poi non è così? Lui può avere chi vuole, ha avuto chi voleva, forse mi sbaglio. Chissà con chi è, in quale posto.

La mano di Claudio finisce sul telefono a un quarto a mezzanotte. Non è lui che decide, è l'impossibilità di dormire e di pensare. Digita, suona. Dopo tre squilli.

Pronto
Ei, pensavo non mi rispondessi, scusa se ti ho chiamato, lo so che avevamo detto di..
È tutta la sera che ti penso.
Il cuore di Claudio si ferma. Quello di Mario si era fermato al nome di Claudio sullo schermo.
Ah sì?
Sì Claudio. Non faccio altro che pensare a te, non so come fare.
Il battito aumenta. Silenzio.
Nemmeno io. Secondi.
Mario..non è che posso venire..

Corri.

Letteralmente. Quando tutto quello che vuoi è stare con una persona quello che fai è correre. Funziona così. Ti sembra di avere il tempo contro, di non averne mai abbastanza, di essere sempre in ritardo per sapere di più. E quindi ci corri contro. Dopo due minuti Claudio è già in macchina e più spericolato del solito arriva sotto casa di Mario che è lì sotto ad aspettarlo. Anzi era lì sotto, ma poi in quel tempo strano che li circonda, in un batter d'occhio è lì che gli apre la portiera. E Claudio esce subito e si prendono. In mezzo alla strada si ritrovano, l'uno con il viso nelle mani dell'altro. Con la musica alla radio che ancora va e quella portiera ancora aperta.
"Cazzo quanto mi sei mancato". E Mario annuisce tra le labbra di Claudio. "Anche tu". E Mario lo tira su, le gambe intrecciate dietro ai suoi fianchi, lo sbatte alla macchina. Se lo bacia perché è suo, duro come una pietra per lui. Altri minuti che forse sono secoli o forse sono secondi. Piano piano Claudio riappoggia i piedi per terra, Mario allarga le gambe per avere quelle di Claudio tra le sue. Entrambi in piedi, Mario con le braccia aperte appoggiate alla macchina e in mezzo la testa di Claudio.

E poi il giorno è arrivato. Non per qualche pressione sociale, apparenza di forma, tutto il pacchetto. Perché succede che a tutto questo c'è solo una spiegazione, funziona così.
"Tu come te lo spieghi?". Claudio lo domanda a Mario, a sé stesso, a chi passa per quella strada e li vede. Mario alza una spalla.

"Non si spiega. Semplicemente ci siamo follemente innamorati l'uno dell'altro".

Come zingari nel desertoWhere stories live. Discover now