"Disegnami"
Mario sorride verso il vuoto prima di chiudere la porta e girarsi. Ha una camicia di lino bianco senza bottoni e il collo stondato, le maniche tirate su con misure diverse, macchie di colore, jeans chiari strappati, piedi scalzi. "Bene bene, guarda chi si vede". Claudio è girato verso la finestra, dà le spalle a Mario, poco coraggio di guardarlo negli occhi, con la camicia sbottonata ma ancora addosso. "Puoi evitare di fare tanti giri di parole?". Mario si appoggia alla colonna. "Ti puoi girare quando mi parli?". Claudio stringe i pugni. "Se mi giro poi vado via e invece non voglio". Questo lato di Claudio incuriosisce Mario. Forse davvero, non è solo quello che sembra. Mario si accende una sigaretta. "Perché vuoi che ti disegno?". Claudio tira leggermente la testa indietro. "Ma perché devi rendere tutto così complicato? Prima mi dici che non so come vivere e tutte quelle stronzate li, poi stai lì a farmi l'interrogatorio. Sicuro di non essere tu il militare?". Mario ride. "Hai proprio paura eh. Fai il grosso con queste risposte solo perché sei terrorizzato dalle mie domande. Sei in casa mia se non te ne fossi accorto. O rispondi o esci". Claudio alza gli occhi al cielo. "Più che un soldato sei un dittatore". Mario schiocca le labbra. "Io mi prendo quello che voglio e adesso voglio risposte". Claudio sospira. Guarda gli alberi che spuntano fuori dalla finestra, cammina verso di essa, sempre con le spalle rivolte a Mario. "Voglio fare qualcosa di diverso. Non sono come mi descrivi te e tanta altra gente. Sono una persona seria ma non sono avverso alla novità". Mario non è soddisfatto. "E perché proprio questa novità? Perché proprio qui? Perché..", fa un passo in avanti, " ...proprio io?". La luce della luna si riflette negli occhi di Claudio. È sincero. "Non lo so". Mario sorride. È dietro di lui e Claudio non se n'è nemmeno accorto. "Si che lo sai". Gli sussurra sul collo. Claudio sente un brivido lungo tutta la schiena. "Girati". Claudio sente i suoi piedi obbedire. Si gira piano. La prima cosa che vede sono quegli occhi neri che ricambiamo lo sguardo per poi aprirsi per la meraviglia. "Cosa sono questi?". Claudio non capisce e segue la traiettoria dello sguardo di Mario fino alla sua pelle nuda del petto e dell'addome. Ovvio. D'istinto si chiude la camicia. "Cazzo". Si toglie da quella vicinanza con Mario e passa oltre. "Cazzo non ci pensavo". Sembra scosso. "Che ti prende adesso?". Mario è confuso da quel cambio improvviso. Claudio blatera. "Niente. Ho sbagliato. Fai finta che non sia venuto". Si abbottona la camicia malamente mentre va verso la porta. Prima di aprire sente le parole Mario. "Se esci non tornare. Io non dò terze possibilità". Gli occhi di Claudio si socchiudono appena. Esce. Claudio arriva presto al cancello. Sente qualcosa alle sue spalle, si gira, alza lo sguardo e vede Mario fumare alla finestra ed osservarlo. Non ce la fa. Abbassa la testa e va per la sua strada. Come cazzo ho fatto a non pensarci? La mia storia è dentro ai miei tatuaggi. Era ovvio mi chiedesse spiegazioni, ne ho decine. Imbecille. Con questo pensiero torna a casa e va a dormire.
Il giorno dopo va in ospedale la mattina. Si cambia nello spogliatoio e si sente a casa. Claudio darebbe la vita per quel lavoro, non solo per quanto lo appassioni la materia, ma perché lì dentro si sente davvero se stesso. Con i suoi pazienti si sente compreso e reale. Non cercano apparenze che non ha o spiegazioni inutili; lo vedono per quello che è e soprattutto per quello che dà ogni giorno. I suoi pazienti sono speciali tutti a modo loro per Claudio. E lui, dietro quel muro che ha dovuto redigere, ha un'empatia tale che spesso non riesce a distinguere il rapporto infermiere-paziente con la sofferenza che si prova per il dolore di un amico. Lui è amico di tutti i suoi pazienti e se li porta dentro ovunque vada.
A fine turno è stanco, a fatica parcheggia e sale in casa con le buste della spesa. Entra in casa e sente silenzio. Strano, Paolo deve essere fuori. Quando Paolo è un casa il silenzio esce e viceversa, insieme non convivono mai. Quando appoggia le buste della spesa sul tavolo vede un biglietto rosa con dei brillantini. Quelli gliel'aveva regalati lui a Paolo per il suo compleanno. Lo tira su.
Ciao amore, sei stanco? Com'è andata a lavoro? Claudio sorride perché Paolo lo scrive come se davvero potesse ascoltare le risposte. Sicuro che andrai a letto presto ma te lo dico comunque. Se vuoi passare io sono in un locale verso Trastevere, il Clandestino, fanno musica dal vivo.
Ti voglio bene patato.
Claudio sta per riappoggiare il foglio quando vede una piccola freccia che indica di dover girare. Ma un messaggio non eh? Gira.PS. C'è Mario.
Claudio rimane un minuto a fissare quel nome. Niente, gli fa quell'effetto anche se non vuole. Sente come un'energia che lo invade. Sente come se già si stesse perdendo tantissime cose ad essere lì e non in quel posto. Lascia le buste sul tavolo e corre in camera. Si toglie la camicia che ha addosso anche se è perfetta e apre l'armadio, cerca e decide per un'altra camicia. Questa volta è azzurra. Prende il cellulare, le chiavi, esce. Mentre è in macchina tamburella le dita sul volante. Cascasse il mondo si ferma ad ogni stop anche quando non c'è palesemente un'anima. Un'ora dopo sta parcheggiando. Si guarda allo specchietto. Perché mi sono lasciato gli occhiali? Esce. Dopo pochi minuti vede il locale dall'altra parte del marciapiede e si immobilizza. Vede il tipo di gente che c'è. Ma che ci faccio qui? Inizia a sentire l'imbarazzo. Farò la figura del coglione. Vado lì e cosa? Entro e dove vado? E se non vedo Paolo? E se è già andato via? Di sicuro me l'ha scritto così per fare ma non avrebbe mai pensato che venissi e una ragione ci sarà. Forse nemmeno lui mi vuole in queste situazioni. Le sue spalle si stanno già girando verso la direzione della macchina quando i suoi occhi intravedono un ragazzo vestito con un paio di jeans stretti e un maglione di cotone rosso vinaccia, le scarpe bianche, un cappellino con la visiera in testa che scopre solo pochi ciuffi neri. Mario è appena uscito a fumare e parla con dei ragazzi. Claudio nemmeno si accorge dell'effetto che la bellezza di Mario ha su di lui. Lo vede lì in mezzo alla gente e pensa a quando sono stati soli in quel posto assurdo. Si che lo sai. Si Claudio, lo sai.
Mario sta parlando con due ragazzi che conosce, con i capelli di colori finti, orecchini, giacche di forme strane, scarpe molto alte. Con la coda dell'occhio vede una camicia sfuggente che cerca di passare inosservata. Mario è esattamente accanto alla porta. Allunga un braccio e blocca il passaggio. Claudio quasi ci va a sbattere contro. "Di qui non si passa". Non lo guarda negli occhi, guarda dritto davanti a sé. Claudio gira il viso lentamente. "Mi lasci entrare?". Mario continua a guardare davanti a sé. "Documento prego. Qui non ci fidiamo di quelli in camicia". I due ragazzi scoppiano a ridere. Claudio si sente morire. Lo fissa di più. "La smetti di fare lo stronzo e togli questo braccio?". I due ragazzi incorano un ohhhh. A quel punto Mario si gira e fionda i suoi occhi neri in quelli di Claudio ingranditi dalle lenti grandi. Gli stanno da dio. "Ho detto che voglio vedere il tuo documento. Non mi sembra niente di grave". Claudio si sente in soggezione per la forza di quello sguardo. Sbuffa. "Ma quanto rompi i coglioni". Prende il portafoglio dalla tasca e tira fuori la patente. Mario la prende con la mano libera, la guarda e gliela ridà. "Prego". Alza il braccio. Claudio lo manda a fanculo mentalmente ed entra. Il tempo di entrare che Paolo gli salta addosso quasi facendolo cadere. "Oddiooooooo, non ci posso credere cazzo Cla! Sei davvero tu!". Claudio sta ancora pensando a Mario. "Si Pà sono io e chi sennò". Paolo alza un sopracciglio, "mammamia oh, è arrivata l'anima della festa". Claudio fa un respiro. "Scusa, mi hanno fatto innervosire. Andiamo a bere qualcosa". Il tempo passa e Paolo e Claudio sono alla terza birra al bancone. Claudio nemmeno se la ricordava più quella sensazione di leggera allegria. Stanno ridendo come matti. Perché cazzo non lo faccio più spesso? Mentre stanno ricordando le minchiate del liceo il cellulare di Paolo vibra. Lo prende, sblocca, legge, un'espressione confusa e meravigliata sul suo volto. Guarda Claudio, "Mi devi dire qualcosa?". Gli passa il cellulare.
Passa il messaggio al colletto bianco.
Questa è l'ultima possibilità. Ti aspetto Claudio Sona, di Verona, nato il 29/09/87. Voglio sapere cosa nascondi.
Mario voleva quel documento davvero.

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Come zingari nel deserto
Fanfiction#1 in Fanficiton - COPYRIGHT TUTTI I DIRITTI RISERVATI Ciao amici. Lori è sempre con voi. Questa è la storia di Mario e Claudio. Un'altra storia frutto della mia fantasia, niente a che vedere con la loro unica storia reale. Questa è la storia di u...