Capitolo 2

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«Ci siamo, bambolina» Commenta l'uomo alzandosi in piedi e togliendomi finalmente quel lurido panno dalla mia bocca.

«Chi siete? Cosa volete da me?» Domando non appena ne ho la possibilità.

«Lo scoprirai presto e non sarò io a dirtelo» Risponde secco.

«Guarda che vi state sbagliando!» Alzo la voce. «Non sono io quella che state cercando, sono finita qua per sbaglio» Piagnucolo.

«Vi prego, voglio solo tornare a casa»

«Risparmia il fiato bambolina, non devi giustificarti con me»

Mi prende per i fianchi e mi alza da terra con una facilità incredibile, come se invece di alzare una persona stesse alzando un foglio di carta.
Ho paura.
Paura di quello che può succedermi, non ho idea di chi siano questi tizi e di cosa vogliano da me.

«Lasciami andare!» Grido mentre mi carica sulle spalle come un sacco di patate.

«Ti ho detto di lasciarmi!» Continuo scalciando contro di lui ma resta impassibile, come se non provasse alcun dolore.

L'uomo cammina ad una velocità elevata fino a quando non entriamo in una stanza, lì decide di lasciarmi cadere a terra.
Davanti a me tre ragazzi molto giovani, vestiti completamente di nero.
Mi guardo attorno nella speranza di capire dove possa essere finita la stanza non è molto accogliente: pareti e pavimento di un grigio scuro al lato della stanza una macchina, a parer mio d'epoca, solamente qualche strana sedia sparsa qua e là e quello sotto la finestra deduco sia un tavolo degli attrezzi. Sembra una specie di vecchio garage, forse una cantina, non riesco a capire.

Poso nuovamente lo sguardo sui ragazzi di fronte a me, uno dei tre è molto alto, capelli biondi riccioli, occhi scuri e un sorriso stampato sul volto.
Si avvicina a me accoccolandosi sulle gambe in modo tale da essere alla mia altezza.

«Bene, bene ma chi abbiamo qui?» Ride rivolgendo uno sguardo ai suoi amici che si avvicinano di poco.

«Cosa volete da me?» Chiedo con voce rauca.

«La giusta domanda è: cosa vuoi tu da noi» Risponde uno dei due in piedi.

Ha uno strano accento inglese anche lui con i capelli biondi che ricadono di poco sul volto mentre serra la mascella.

«Io non ho idea di chi siate!» Sbraito cercando di liberarmi i polsi.
«Mi sono persa, stavo cercando un telefono per chiamare mio padre. Vi assicuro che state sbagliando persona!» Dico tutto d'un fiato sperando che decidano di liberarmi.

«Ehi, con noi non attacca! Sappiamo con cosa sei arrivata e di conseguenza sappiamo chi sei!» Ringhia il terzo ragazzo dai capelli neri come la pece.

«No! Vi state sbagliando, ve lo assicuro!»
«Io non dovrei essere qui ma a Sun Hills per un saggio di danza.. Anzi sono sic-»

«Smetti di dire cazzate!» Ringhia il ragazzo che si era abbassato sulle ginocchia, mi punta un dito contro facendomi sussultare dalla paura.

«Ma sto dicendo la verità! È la prima volta che vengo qui!» Dico con un nodo alla gola, sono sicura che scoppierò a piangere tra meno di un secondo.

«Usate tutti sempre le stesse scuse, ma non vi viene a noia?» Si lamenta il biondo.

«Ehi Josh, che ne dici se la facciamo confessare a modo nostro?» Ride facendo annuire entrambi.

Il castano, che deduco si chiami Josh, mi solleva da terra posizionandomi in modo brusco in una sedia malandata. Con un nastro isolante mi blocca le caviglie alle gambe della sedia e poi, si posiziona davanti a me con uno stupido ghigno sul viso.

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