Capitolo 48

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ALESSIA'S POV

Apro gli occhi e un profumo di casa mi invade, è così ormai da giorni.
È sempre terribile svegliarsi ogni mattina, resto sempre qualche minuto nel letto a domandarmi dove mi trovo.
Poi ogni volta mi ricordo di tutto.

Mi metto a sedere e osservo la mia stanza, lo faccio sempre appena sveglia da una settimana ormai, ma scopro ogni volta angoli del mio passato che avevo sottovalutato.
Mi ricordo quando attaccavo le foto sull'armadio, la mamma si arrabbiava sempre perché secondo il suo parere una volta iniziato non avrei più smesso.
E infatti è stato così, ci sono foto di ogni tipo, dalle medie al liceo, dalle amiche ai fidanzatini.
Sulla scrivania non ho mai tenuto le cose di scuola o i trucchi come le adolescenti normali, io collezionavo souvenir. Adoravo viaggiare solo per portarmi dietro un ricordo e aggiungerlo alla lista. Si, ero malata.
Sul mio letto sono rimasti pochi peluches, mamma e papà hanno preferito regalarli ad altri bambini.
Ma ricordo perfettamente ancora tutti i nomi e tutte le relazioni amorose che facevo nascere tra di loro quando avevo 12 anni.
Per il resto la mia è sempre stata una stanza normale, tenuta bene e solo qualche volta in disordine. Però dipingere le pareti di viola è stato l'errore più brutto che potessi fare a questa cameretta.

Ricordi dopo ricordi decido di alzarmi e di uscire da quella porta, ogni mattina è un tuffo nel passato e devo lottare contro me stessa per non scoppiare a piangere come quando sono arrivata.
In cucina mia madre sta preparando il caffè e mio padre legge il giornale prima di andare a lavoro, mi siedo accanto a lui e osservo fuori dalla finestra.
"Io sono cambiata..." biascico attirando l'attenzione di entrambi.
"Ma la mia Calabria è sempre la stessa." Mio padre sorride e si porta la tazza di latte alle labbra.
"Dovevi partite con noi quando ce ne siamo andati, ti ho sempre detto che Roma avrebbe solo portato problemi."
Alzo gli occhi al cielo e mi siedo, stringendo la tovaglia rossa tra le mani.
"Simona..." la richiama mio padre, scuotendo la testa. Non è capace a stare zitta, neanche quando sembra andare tutto liscio, lei troverà sempre il modo di ferire le persone.
"Normale che qua mi trovo bene, ci sono nata. Ma Roma che colpe ha? Purtroppo i problemi non cambiano a differenza di dove ti trovi."
Sento mio padre sogghignare dietro la tazza di latte, mentre mamma mi versa il caffè caldo. Si siede accanto a me.
"Se fossi venuta via con noi molto prima, mia cara, non avresti incontrato quel ragazzo e non ti avrebbe mai messa incinta. Automaticamente non saresti poi dovuta scappare da lui una volta perso il bambino." Mi rinfaccia, spalmando la marmellata ai frutti di bosco sul pane.

Decido di non risponderle più, Mattia lo conoscevo già da prima che loro venissero qua e non sarebbe cambiato niente, me ne sarei tornata ugualmente a Roma e sarebbe tutto come ora.

"Non sto scappando da lui." Sussurro una volta finito il caffè.
"Ah no? E perché sei qua invece di stare con lui? Non voglio difenderlo, ma pure lui ha subito una perdita...e guarda, ora ne sta subendo due."
Mi guardo le unghie, all'improvviso mi accorgo che mio padre è scappato al lavoro e che, come mio solito, non me ne sono accorta.
"Non ho il coraggio di guardarlo negli occhi..." sento gli occhi appesantirsi e piano piano appannarsi, finché non mi accieca e mi tocca far uscire la lacrima.
"Figlia mia..." mi prende le mani e per la prima volta non mi scanso, "una cosa ho sempre voluto insegnarti fin da quando gattonavi su questo pavimento."
Lascio cadere un'altra lacrima, "che cosa?" Mi stringe di più la presa e istintivamente avvicino la sedia alla sua.
"Non fuggire mai dai problemi, perché raddoppieranno e faranno più male di prima."
Assimilo bene la cosa e annuisco, ha ragione, se io e Mattia abbiamo da risolvere lo faremo guardandoci negli occhi.

MATTIA'S POV

La testa mi gira e non ci sto più capendo niente da quando ho mandato giù il quinto bicchiere.
Che cazzo ci faccio a una festa? So solo che Fulvio ha insistito per farmi uscire un po' di casa e con questa scusa della festa ora sono ubriaco da star male.
Alessia...dove cazzo sta Alessia?
Non ricordo se è tornata...e nemmeno da quanto è via.

Chiedo la sesta birra, sono seduto al bar da tutta la sera e se provo ad alzarmi potrei vomitare per tutta la notte.
"Dispiaceri d'amore?"
Mi giro con fatica e una bionda si sistema la minigonna prima di sedersi accanto a me sullo sgabello. È truccata e ha un bel viso, per un momento mi sembra di rivedere Alessia...poi però schiarisco le idee, è la solita prostituta di turno.
"Scusa?" Chiedo, ma mi strozzo con la birra e mi ritrovo a tossire.
"Come pensavo...delusioni amorose."
Si sposta la frangia di lato e si accende una sigaretta, cazzo...ho dimenticato le mie.
"Ne vuoi una?" Chiede mostrandomi il pacchetto, non me lo faccio ripetere due volte che in un nano secondo ne ho già una accesa in bocca.
Aspiro un po' di fumo mentre lei fa lo stesso, "si vede che sei ubriaco e di solito chi se ne sta seduto ad una festa come stai facendo tu è perché ha problemi d'amore."
Lascio uscire lentamente il fumo dalla bocca, creando una nuvola di grigio.
"La mia ragazza qualche mese fa è rimasta incinta, lei e mio figlio erano la mia unica ragione di vita."
La gola mi brucia e la testa mi gira più forte di prima, mi passo una mano tra i capelli, "forse è meglio se smetti di bere." Mi prende il bicchiere con un gesto brusco e lo sposta dall'altra parte del tavolo.
"Qualche settimana fa l'ha perso per una stupida caduta e per poco non cadeva in depressione. Le volte dopo che facemmo l'amore io usai il preservativo per abitudine, ma lei ogni volta ci rimaneva male...e verso gli ultimi rapporti ha iniziato a fingere piacere. Non era mai successo prima."
Spengo la sigaretta e mi porto la testa fra le mani, "ahia..." la sento dire.
"Così una sera finimmo a litigare e...niente puoi immaginare com'è finita."
Si sistema una ciocca di capelli bionda dietro l'orecchio, ancora sto cercando di capire le sue intenzioni.
"È scappata." Aggiunge ridendo.
"Che cazzo ti ridi?" La fulmino con lo sguardo, questa bionda mi sta antipatica, per non dire altro.
Perché mi sono messo a parlare di Alessia con una così? Non c'ho proprio di meglio da fare...
"Lo so cosa stai pensando, guarda che non sono una prostituta. Non ho intenzione di portarti a letto, anche se fidati...ne avresti bisogno."
Annuisco, ho una voglia matta di toccare una donna, ancora di più di toccare la mia ragazza, ma non è qua.
Non è qua, dov'è?
Mi tocca la coscia e mi accarezza con il pollice, "ascolta la musica, lasciati andare."
Non sei qua, dove sei?
Si avvicina con lo sgabello mentre la sua mano sale su per la camicia, "devi distrarti, ti posso aiutare."
Torna. Alessia torna.
Chiudo gli occhi e mi lascio andare, mentre la sua bocca entra in possesso del mio orecchio, "immagina che sia lei a toccarti."
Sei tu. Sei tu.
La sua mano mi tiene da dietro il collo mentre la sua lingua prende spazio tra le mie labbra. La prendo per la vita e seguo i suoi movimenti.
Solo quando la sento ansimare mi rendo conto di ciò che vuole, così mi stacco e Fulvio arriva in mio aiuto.
"Scusalo, ha bevuto troppo. Domani se ne pentirà, scusa." Mi prende per un braccio e mi tira verso la macchina.

"Sarà il caso di tornare a casa." È l'ultima cosa che sento prima di addormentarmi appoggiato al finestrino.

Credo in te,Mattia Briga.Where stories live. Discover now