14. Stavi per fare una cazzata e perché sono qui?

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Continuo a ballare con Bernardeschi per tutta la serata e mi diverto come una pazza, bevo decisamente un po' troppo ma non me ne importa, voglio solo dimenticare Paulo e i suoi dannati occhi verdi. Perché in realtà non è proprio un verde pieno, ha delle sfumature di colore diverse che portano ad un insieme armonico e affascinante.

Mi guardo intorno varie volte per cercare Paulo e, quando finalmente lo trovo, vorrei non averlo mai fatto. Sta parlando con una bionda dal davanzale accentuato, e sono a pochissimi centimetri di distanza. Lei continua a guardarmi mentre parla con lui ed io sento il fumo uscirmi dalle orecchie.
Reprimo l'istinto di prenderla per i capelli e mi concentro su Federico, gli porto le mani al collo e ballo a ritmo della canzone.
Lui ricambia presto portando le mani sui miei fianchi e io sento un brivido al suo contatto.

Io e Bernardeschi siamo pericolosamente vicini e il mio cuore batte fortissimo, ho paura di ciò che succederà. Non voglio certamente baciarlo, anche perché Paulo è a pochi metri di distanza da noi, però sembra che stia proprio per succedere.
Le sue braccia mi stringono forte, i nostri corpi aderiscono l'uno all'altro perfettamente.
I miei occhi cercano i suoi e non faticano a trovarli; so che mi sto cacciando in un guaio gigantesco, ma è come se il mio cervello non avesse il controllo della situazione.
Mi mordo il labbro dalla frustrazione, c'è una guerra nella mia mente. I suoi occhi finiscono presto sulle mie labbra ed io le inumidisco istintivamente.
Berna avvicina le sue labbra alle mie, sono talmente vicine che sento il suo respiro caldo sul mio viso.
Sembra che il mio cuore stia per esplodere, non capisco più niente.

Ma prima che le sue labbra possano toccare finalmente le mie, delle braccia mi allontanano dalla presa salda di Federico. La delusione è palpabile, sia da parte mia che da parte sua.
Non mi è difficile riconoscere la causa dell'interruzione di questo momento intimo, perché ha sempre e solo un nome: Paulo.

"Che cazzo fai? Lasciami!" esclamo, cercando di liberarmi dalle sue braccia che mi tengono stretta.

"Sei ubriaca! Stavi per fare una cazzata, lo capisci?!" mi volto verso Berna e noto la sua espressione delusa, mi dispiace tanto, però Paulo ha ragione. Sarebbe stata una gran cazzata.

"Cosa te ne frega? Perché non torni dalla tua Barbie e non mi lasci in pace?!" grido, ormai credo di essere diventata un peperone.

"La porto a casa," dice Paulo a Bernardeschi, escludendomi dalla discussione. Il fastidioso ragazzo argentino non sembra volermi lasciare, e Berna si limita ad annuire. Cerco di divincolarmi dalla sua presa ma non riesco, è troppo forte.

Paulo mi trascina verso l'uscita, ed io non posso fare a meno di seguirlo, nonostante il mio sguardo continui ad essere sullo splendido ragazzo biondo che ho appena lasciato. È ancora lì, in piedi e guarda in basso, probabilmente anche lui sta cercando di realizzare la situazione.
Sbuffo e seguo Paulo finché non arriviamo all'uscita e sto attenta a non inciampare.
Quando usciamo, però, mi sento svenire. Non ho più forze e le gambe mi abbandonano, ma il mio corpo non tocca terra poiché due braccia mi tengono stretta.

Paulo mi sta stringendo a mo' di sposa, la mia testa è appoggiata al suo petto.
È come se vedessi tutto a intervalli, riesco a percepire che il numero 10 mi poggia dolcemente sul seggiolino e mette in moto la macchina, poi da lì più niente.

____

Mi sveglio con un mal di testa atroce, porto subito una mano sul capo e faccio una smorfia di dolore.
Mi sfrego gli occhi e cerco di aprirli lentamente, nonostante la mia testa faccia davvero malissimo.
Mi guardo intorno e capisco subito di non essere in camera o in casa mia, e non ricordo assolutamente di essere arrivata qui.
Intuisco sia casa di Paulo dalle sue foto appese al muro, ma il perché io sia qui ancora mi sfugge.

Mi alzo in piedi e la testa mi gira da morire, sono costretta a reggermi al muro e prendermi qualche secondo per riprendermi.
Mi accorgo solo ora di indossare una maglia oversize, è della nazionale argentina e credo anche di sapere che numero e che nome ci sia dietro. Indosso solo questa, sono completamente nuda, eccetto le mutande ovviamente, dal bacino in giù. Arrossisco immediatamente al pensiero che Paulo mi abbia tolto il vestito e mi abbia messo questa maglia.

Quando mi riprendo completamente, esco dalla stanza e riconosco la casa di Dybala.
Percorro il familiare corridoio finché non arrivo in cucina in punta di piedi.
Sento la voce di Paulo ancor prima di entrare nella stanza. Sta parlando spagnolo, ed ho la conferma che sta parlando al telefono quando entro in cucina.

È appoggiato al tavolo con il braccio e mi dà le spalle. Il suo accento argentino e la sua voce da appena sveglio mi scombussolano non poco, il tutto incrementato dal fatto che non indossa una maglia ma solo dei pantaloncini.
Mi appoggio allo stipite della porta e aspetto che finisca, tanto non ci capisco niente di quello che dice, quindi è come se non stessi origliando.

Osservo così attentamente i muscoli della sua schiena che, se mi chiedessero di farne un ritratto, potrei andare totalmente a memoria.

"Bueno, bueno. Nos vemos mañana hermano (bene bene, ci vediamo domani fratello)," dice Paulo prima di riattaccare. Scuote la testa e poggia il telefono sul ripiano prima di girarsi nella mia direzione.

Paulo sussulta leggermente quando mi vede ed io non posso fare a meno di ridacchiare alla sua reazione.

"Mi hai fatto prendere un colpo," dice, portandosi una mano al petto nudo. Il ragazzo mi squadra da capo a piedi spudoratamente, senza vergogna.

"Però... ti sta bene la mia maglia, quasi quasi te la regalo." ammicca Dybala, ma io torno seria. Sono ancora arrabbiata con lui e non ho intenzione di condividere con lui altre discussioni al momento.

Dopo minuti di silenzio passati a fissarci, decido di dire qualcosa.

"Perché sono qui?" chiedo timidamente, fissandomi le mani. Non ricordo assolutamente niente della serata precedente e ciò mi preoccupa davvero tanto.

"Non ricordi niente?" scuoto la testa, senza alzare lo sguardo. "Hai bevuto un po' troppo, così ho deciso di portarti qui perché ho pensato che se ti avesse vista tuo padre in quello stato si sarebbe arrabbiato."

Paulo ha dannatamente ragione ma il mio orgoglio non mi permette di ringraziarlo, così mi limito ad annuire.

"Non ricordi neanche quello che stavi per fare?" alla sua domanda alzo di scatto lo sguardo verso di lui. Le sopracciglia aggrottate e l'espressione leggermente sorpresa.

"Cosa stavo per fare?" chiedo, totalmente in panico.

Il ragazzo argentino sorride, ed io non capisco perché abbia quel sorriso da ebete stampato in faccia.

"Stavi per baciare Bernardeschi per farmi ingelosire." i miei occhi si spalancano alla sua affermazione. Che cosa cazzo ho fatto?

Despacito. || Paulo DybalaWhere stories live. Discover now