Capitolo 19

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Non mi sentivo nella situazione di dover chiedere scusa a qualcuno, o essere delusa da me stessa, perché io di colpe in tutto questo non ne avevo sicuramente, ma forse avevo preso tutto per scontato, e qualcos'altro per impensabile. Il ragazzo dall'orecchino a croce era arrabbiato con me, per delle motivazioni che, da poco, ero riuscita a capire.

Di verità in quello che aveva detto ce n'era tanta, io continuavo ad andare dietro ad uno come il mio ex, che aveva più volte dimostrato in quale parte di me nutriva interesse. Simone mi aveva capita, aiutata più volte, come nessuno aveva mai fatto per me, era stato capace di lasciare da parte tutti i suoi impegni solo per tirarmi fuori da uno dei periodi più brutti della mia vita. E io non gliel'avevo riconosciuto abbastanza.

Ero spaventata che tutti i miei pensieri assomigliassero a lui, del silenzio troppo forte quando stavamo insieme, e pensare a lui come qualcosa di più, qualcosa che andasse oltre all'omicizia, per la prima volta, era bellissimo. Avevo passato intere settimane senza aprire gli occhi, senza rendermi conto di quanto lui mi rendesse felice nonostante stessi vivendo uno dei periodi peggiori della mia vita.

Forse non lo era affatto, perché avevo conosciuto lui, stavo finalmente realizzando il mio sogno, dimostrando quello di cui ero capace, dando una fine a quello che mi aveva tormentato per mesi, nonché degli stupidi messaggi mandati dalla stessa persona, in stato di ebbrezza.

Stavo considerando l'idea di raggiungerlo, poiché non era nella sua stanza, ma era uscito con Filippo per fare non so cosa. Non potevo usare il telefono, le altre ragazze erano tutte uscite come era normale fare, insieme ad altri ragazzi, a pranzo, o a cazzeggiare per le vie di Roma. L'unica cosa che potevo fare avendo solo un quaderno e una penna, insieme a dei vestiti, i miei amati vinili e le mia amata macchine fotografiche, fra cui una Polaroid - il primo ed ultimo regalo che mi fece mio fratello Travis - era scrivere.

Presi uno dei vinili, Nancy Sinatra in Kill Bil Vol. 1, lo ascoltai mentre abbinavo parole a come mi sentivo io interiormente, anche se era profondamente inutile, dato che era tutto così inspiegabile. Passai il resto della giornata così, finché Nicole non entrò nella nostra stanza, avremmo cenato tutti insieme, avremmo dovuto in realtà, perché io rifiutai, decidendo di rimanere da sola continuando a fare quello che stavo facendo.

"Dai, non puoi fare così. Hai pranzato almeno? Non mangiare se non hai fame, vieni con noi. Sentiremo la tua mancanza" cercò di convincermi a cambiare idea.

"Non mi va, Nicole. Ho pranzato e non riesco neanche a camminare per quanto ho mangiato, dai, se avrò fame mi prenderò una cioccolata qui in Hotel. Divertitevi senza di me, e... salutami Simone ─ sospirai quasi in modo triste ─ Ciao"

Lei annuì ed aspetto qualche secondo, poi chiuse la porta. Ritornai a quello che stavo facendo, peccato che Nicole mi avesse disconcentrata, stava uscendo una bella canzone in inglese dal mio dolore, Thinking 'Bout You.

[...]

Insieme alle ragazze credevo di vedere anche Bella, vederla fingere che molte ore fa non fosse successo nulla, per poi parlarmene in privato, dopo cena, ma quando pensavo che vederla mi avrebbe fatto stare male, non vederla mi faceva stare male il doppio.

"Ehi, Bella dov'è?" chiese Filippo, notando la mia espressione significativa, dato che stavo guardando la porta, nonostante non ci fosse più nessuno, e a rispondere al mio posto fu Nicole.

"Simone, Bella non viene e mi ha detto di salutarti. Era triste, sta male? Dice che ha mangiato troppo a pranzo e che riesce a malapena a camminare, ma non era molto credibile" eliminò ogni dubbio.

"Non so se ha mangiato, io non stavo con lei" fu la prima cosa che dissi. "Ma non te ne dovevi occupare? Ti sei preso un incarico e se non sei in grado di farcela devi dirlo. È importante" mi rimproverò.

"Meglio se vado da lei, scusate" mi alza in piedi, decidendo di raggiungere l'Hotel prima che potesse succedere qualcosa di brutto. Chissà cosa stava facendo, senza telefono, senza nessuno con cui scambiare due chiacchere. Cominciavo ad avere davvero paura.

In una decina di minuti fui davanti all'Hotel, mi affrettai a dare il mio nome per l'ingresso e a prendere l'ascensore, arrivai finalmente alla sua stanza, la 208. La sua figura con addosso solo una felpa beige mi aprì, era tremendamente sexy ma allo stesso tempo carina, come nessun'altra.

"Oh ─ fu la prima cosa che mi disse ─ Come mai sei qui?" chiese, andando a spegnere il porta-vinili. "Nicole ha detto che eri triste, quindi ho capito. Cosa stavi facendo?"

"Ho scritto una canzone" si rinfilò tra le lenzuola bianche, poco coprenti ma probabilmente il caldo soddisfacente di cui aveva bisogno, mentre io chiudevo la porta, per dimostrarle che non me ne stavo andando e che sei rimasto con lei per un lungo tempo.

"Posso leggere? Solo le prime righe, ti prego" le chiesi, sdraiandomi accanto a lei. Annuì semplicemente, restando in silenzio, come se fosse la cosa migliore al momento. Sicuramente non sentirla parlare che sentirle dire cose scomode era meglio.

"3 A.M. and my neighbors hate me
Music blasting, shaking these walls
This time Mary Jane won't save me
I've been working later, I've been drinking stronger. I've been smoking deeper but the memories won't stop" mi misi a leggere nella mente.

"Ora basta. Mi spieghi perché hai deciso di tornare? La verità, stavolta. Avevi paura che commettessi qualche cazzata? Non sono pazza" mi prese il taccuino di mano.

"No che non lo sei, ma mi sono sentito in colpa. Immaginavo cosa tu stessi facendo senza niente, dopo quello che ti avevo detto, fino a quando mi sono deciso a tornare. Stava iniziando a piovere, e guarda, ora piove a dirotto" raccontai.

"A me piace la pioggia" si sdraiò di lato, fissando la veranda. Decisi di avvicinarmi ancora di più, e notando che lei non stava dicendo niente in contrario, azzardai, mettendo il braccio sul suo ventre. Respirai tra i suoi capelli, aspettando la lamentela che mi avrebbe fatto quando l'avrebbe capito, sopratutto dopo la mia dichiarazione.

Cose tipo 'Simone non vorrei che ci prendessi troppo la mano', e piano piano, un'amicizia che terminava, giornate intere passate a salutarsi a malapena, distanti come non mai, con tutto alle spalle. Insieme a ciò, i miei sentimenti che svanivano con i minuti, lei che si faceva nuovi amici, io che tornavo a fare cazzate e lei che tornava sui suoi vecchi passi.

Probabilmente non dovevo sbilanciarmi così tanto, ma avevo un'immaginazione elevata con lei, a causa della forte paura di perderla, anche se fra noi non c'era stato mai niente di che, almeno da parte sua.

"C'è un panorama fantastico ─ sussurrai ─ Ma tu non riesci a godertelo" ammisi tristemente.

"Lo sai perché? ─ girò il capo verso la mia direzione ─ È così bello, questo momento intendo. Tu sei così buono con me, ero spaventata, ma ora non lo sono più, ero spaventata da tutto questo buonismo che con gli altri si era sempre rivelato come voglia di approffirarsi di me. Ma tu sei diverso"

Ad un certo punto, senza che io aggiungessi altro, le nostre labbra si avvicinano sempre di più, fino a quando si sfiorarono, ci sistemammo uno sotto l'altro, dando via al bacio più intenso della mia vita, di gran lunga il migliore.

Non avevo mai baciato una stella.

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