Capitolo 26

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VALERIO

Rimasi per un attimo a guardarla, stupito. Mi aveva appena chiesto di andare in casa sua a farle compagnia, mentre non c'era nessuno a casa. Sicuramente aveva paura a restare da sola, per di più di notte, ma per un attimo nella mia testa erano passati vari scenari poco casti. Come mi succedeva spesso quando ero in compagnia di Abel, la mia erezione si fece sentire, anche a causa della mia malizia.
< Hai paura di restare sola a casa?>, domandai con un sorrisino stampato in volto. Lei non chiedeva mai aiuto a nessuno, e se lo aveva fatto significava che ne aveva realmente bisogno.
< In verità sì...>, rispose chinando il capo e, nonostante fosse notte, la vidi arrossire leggermente, grazie al lampione sopra le nostre teste.
< Ma certo, Abelina>. Marcai il soprannome che tanto odiava, per poi scoppiare a ridere. Per tutta risposta, mi diede una botta con la stampella nello stinco. Non mi fece assolutamente male, ma finsi, giusto per vedere la sua reazione.
< Oddio, Vale, scusa, scusa, scusa!>. Iniziò a blaterare scuse senza senso; ad un certo punto non riuscii più a trattenermi e scoppiai a ridere.
< Vale!>, mi ammonì alzando leggermente il tono della voce, avendo capito la presa in giro.
Dopo aver riso ancora per qualche istante, ci avviamo verso casa di Abel, non prima che lei avesse avvertito sua mamma con un messaggio.
Era un po' isolata rispetto al centro di Roma e per arrivarci bisognava percorrere una stradina sterrata, la stessa sulla quale era caduta Abel, o almeno così mi aveva raccontato.
Era una villa di almeno 200 mq- giardino compreso-; non era gigantesca, però era veramente molto bella. Capivo la paura di Abel di restare da sola: una villa, leggermente isolata dalle altre, era una delle mete preferite dei ladri.
< Complimenti, hai una casa stupenda>, ammisi ammirando il soggiorno.
< Grazie>, rispose lei rivolgendomi l'ennesimo sorriso. < Ti va di vedere un film?>, continuò. Io amavo i film, ero un grande appassionato di cinema, perciò accettai senza la minima esitazione.
Abel, però, sembrava essere a disagio, riuscivo a percepirlo. Mi guardava insistentemente, come se non sapesse cosa fare.
< Abel, se ti senti a disagio puoi andare in camera tua, io sto qui buono buono sul divano finché non tornano i tuoi>, proposi.
< No, figurati, non è per te, è che non mi sento tanto bene, ma se mi siedo mi passa>.
Volevo sapere perché si sentiva sempre male così, di punto in bianco; volevo scoprirlo, ma non potevo farle alcun tipo di domanda, visto che lei era stata tanto gentile da non farne a me.
La accompagnai davanti al divano, dove lei poggiò una stampella e lo aprì, tirando una cordicella di tessuto, facendolo così diventare un vero e proprio divano- letto.
< Fai come se fossi a casa tua>, disse indicando il divano, invitandomi a sedermi.
Ci sedemmo in contemporanea, lei si tirò indietro e prese un cuscino, diverso dagli altri bianchi presenti sul divano e se lo mise sotto al gesso.
<Vale, levati le scarpe, sdraiati, fai come vuoi davvero, non fare complimenti>, mi incitò lei, visto che ero rimasto seduto sul bordo del divano. Mi tolsi le scarpe e pregai il cielo che i miei piedi non puzzassero, altrimenti avrei fatto un' enorme figura di merda. Non che non mi fossi lavato, ma dopo un po' che indossavo le scarpe era normale che i piedi non avessero proprio un profumo di rosa alpina. Fortunatamente avevo scampato il pericolo.
Mi tirai all'indietro, fino ad arrivare di fianco a lei, e poggiai la schiena contro i morbidi cuscini del divano di eco pelle.
Mi voltai verso la mia amica e vidi che aveva chiuso gli occhi e stava deglutendo.
<

Abel, ti senti male? Come l'altra volta?>, domandai, allarmato. Senza nemmeno accorgermene, avevo poggiato una mano sulla sua coscia; non appena mi resi conto del mio gesto ritirai la mano, consapevole che lei non apprezzava troppi contatti.
< Tranquillo, è solo un po' di mal di testa>, mi rassicurò aprendo gli occhi e puntandoli nei miei. Rimasi per un attimo incantato a guardare i suoi occhi, che mi attiravano sempre di più. Stavo analizzando ogni minimo pigmento, ma dal colorito roseo che avevano preso le sue guance capii che la stavo fissando da troppo, perciò chinai il capo e
mi passai una mano tra i capelli.
< Cosa vuoi vedere? Ho sky>, disse lei, balbettando leggermente. Sorrisi notando, per l'ennesima volta, quanto arrossisse ogni qual volta le facevo un complimento o semplicemente la guardavo un po' più del solito. Non credevo che facesse così perché gli piacevo, semplicemente- per quanto riguardava quelle cose- era molto timida.
Decidemmo insieme il film e ci mettemmo comodi sul divano. Eravamo uno di fianco a l'altro, ma non ci sfioravano nemmeno.
Quando guardavo dei film con Elisa, ad esempio, le cingevo sempre le spalle con un braccio, o lei poggiava la testa sulla mia spalla, cosa che assolutamente non successe con Abel. A lei non piacevano quel tipo di contatto, o semplicemente mi conosceva ancora troppo poco per lasciarsi andare. Al contrario di quanto succedeva quando guardavo i film con qualcun altro, non eravamo stati un minuto zitti. Facevamo continue osservazioni sui personaggi e sugli avvenimenti, il che mi piaceva, perché era bello confrontare le proprie idee, anche se l'argomento era un film.
Di tanto in tanto le lanciavo qualche occhiata e anche lei lo faceva, la vedevo con la coda dell'occhio. Ad ogni occhiata, però, il suo volto si faceva sempre più stanco e, una volta che il film fu quasi giunto al termine, vidi le sue sopracciglia agrottate e gli occhi semi chiusi, perciò capii che stava peggio di prima.
< Abel, che hai?>.
< Vado al bagno>, disse alzandosi e prendendo le stampelle.
< Ti accompagno?>.
< Vale, non penso di avere bisogno del tuo aiuto per fare la pipì>, scherzò voltandosi per guardarmi, ma il suo sorriso non era acceso come il solito. Si incamminò goffamente verso il bagno ed io seguii ogni suo minimo movimento. Sembrava le girasse la testa, visto quanto sbarellava.
Si avvicinò al muro e vi poggiò la schiena. Non capendo perché lo stesse facendo, mi alzai di scatto e mi avvicinai a lei.
< Abel, che cazzo hai?>, domandai, allarmato. Non mi rispose, ma piano piano scivolò lungo la parete, fino a ritrovarsi con il sedere a terra.
< Per favore, vai in camera mia e prendi la bacinella azzurra, prima porta davanti alle scale>, disse con voce flebile. Rimasi per un attimo fermo, ragionando sul da farsi, poi andai verso le scale- poste proprio davanti all'ingresso- e salii velocemente gli scalini a due a due. Entrai nella prima porta che trovai di fronte a me, ritrovandomi in quella che doveva essere la camera di Abel. Mi guardai intorno, in cerca della bacinella, e quando la vidi vicino al letto la presi e corsi al piano di sotto.
Tornai da Abel e diedi la bacinella; passò qualche istante, poi cominciò a vomitarvi all'interno.
< Cazzo!>, esclamai, preso dal panico. Rimasi per un attimo senza sapere cosa fare, preso alla sprovvista, poi mi avvicinai e le tirai su i capelli, affinché non si sporcassero. Voltai la testa di lato perché, ad essere sinceri, se avessi visto il vomito avrei vomitato anche io.
Quando finì di rimettere, scoppiò a piangere. Si coprì il volto con le mani e tra un singhiozzo e un altro sussurrò uno "scusa".
In un altra situazione avrei pensato non avesse digerito la cena, ma visto che non era la prima volta che succedeva pensai ci fosse qualcosa di più grande sotto.
Senza pensarci due volte, la abbracciai. Io non sapevo aiutare le persone, e quello era l'unico modo per consolarla che mi venne in mente.
Inizialmente si irrigidì, proprio come pensavo, ma poi ricambiò l'abbraccio. In quel momento mi sembrò di essere tornato in ospedale, solo che si erano invertiti i ruoli. Mentre eravamo seduti sul pavimento dell'ospedale ero io che piangevo e lei che mi abbracciava, mentre in quel momento era il contrario. A pensarci bene, Abel conosceva un lato di me che nessuno aveva mai visto.
La stringevo forte a me, mentre il suo petto batteva contro il mio ogni qual volta singhiozzava.
< Tranquilla>, sussurrai. Non sapevo a cosa fosse dovuto il suo malessere, perciò non potei aggiungere altro.
< V-vale>, sussurrò tra un singhiozzo e l'altro.
< Dimmi>.
< T-ti voglio bene>, balbettò. Sul mio volto si dipinse un sorriso, lungo da orecchio a orecchio. Sentirle pronunciare quelle tre semplici parole mi aveva fatto emozionare. Se l'aveva detto, significava che era una cosa che si sentiva dentro, non una frase di circostanza.
< Anche io>, risposi, continuando a sorridere. Voltai la testa verso di lei e le lasciai un bacio sulla guancia. Non stavo pensando a ciò che facevo, seguivo il mio istinto. Era un momento a dir poco delicato, perciò erano ammessi quei semplici gesti di affetto, al contrario del solito.
Di punto in bianco ruppi l'abbraccio. Abel mi guardò, non capendo cosa volessi fare.
< Posso fare una cosa?>. Lei mi guardò, con quei suoi grandi occhi arrossati, poi annuì, senza chiedere spiegazioni, così misi una mano dietro la sua schiena e una sotto le sue cosce e la presi in braccio.
Mi avvisi verso le scale e le salii lentamente, con ancora Abel in braccio, che , a causa della lacrime, non aveva detto niente. Sicuramente non ero forte quanto suo fratello, perciò a metà della rampa cominciò a pesarmi un po', nonostante fosse magra, ma non lo diedi a vedere. Mi fermai un attimo e la sistemai meglio tra le mie braccia.
Raggiunsi la sua camera, nella quale per la fretta di scendere avevo lasciato accesa la luce, e la poggiai il più delicatamente possibile sul letto, anche se nel poggiarla mi sporsi troppo in avanti e a momenti cascai su di lei. Buttai le braccia lungo i fianchi per rilassarle, dato lo sforzo appena fatto.
< Vale>, mi chiamò lei.
< Mh?>.
< Grazie, di tutto>.
< Figurati, adesso riposati, okay?>.
< Vale>, mi richiamò, mentre stavo uscendo dalla stanza.
< Dimmi, Abelina>, la canzonai, facendola sorridere tra le lacrime.
< Resti con me?>. Doveva sentirsi veramente male, per chiedermi una cosa del genere.
< Se ti fa piacere>, risposi sorridendo dolcemente.
< Sì, per favore, tanto il letto è grande>. Quella frase mi spiazzò. Aveva davvero detto "letto" o me lo ero sognato? Pensavo che dovessi stare seduto sulla sedia della scrivania, non sdraiato sul letto accanto a lei. Doveva essere veramente messa male per chiedermi una cosa del genere.
Si spostò di lato, lasciandomi posto nel letto a due piazze. Mi ci sdraiai, titubante. Pensavo mi avesse chiesto di farlo solo perché era in un momento di grande sconforto e che poi se ne sarebbe pentita, ma cercai di non dare retta alla mia parte razionale, bensì al Valerio istintivo, come avevo fatto fin a quel momento.
Abel- nonostante le lacrime che continuavano a scendere dai suoi occhi- sembrava perfettamente a suo agio, a differenza mia.
< Oh, Abelina, mo' basta piange>, dissi sorridendo. Ricambiò il sorriso e si asciugò le lacrime.
Spense la luce è accese la tv e ci mettemmo a guardare un programma assurdo su Real time, che però le fece tornare il sorriso.

Erano alcuni minuti che eravamo rimasti zitti, così le lanciai un'occhiata e vidi che si era addormentata. Aveva il volto rilassato e faceva respiri regolari. Sorrisi vedendola, per poi sbadigliare. Cercai di rimanere sveglio, nel caso avesse avuto bisogno di qualcosa, ma non ce la feci, e mi addormentai anche io.

Mi sentii come se stessi cadendo nel vuoto, ma quando aprii gli occhi mi ritrovai veramente steso sul pavimento. Probabilmente ero caduto a letto. Sentii qualcosa colpirmi il fianco e, ancora rincoglionito dal sonno, pensai fosse uno dei miei tanti incubi su ciò che era avvenuto con mio padre.
< Apa, alzati, porcoddio!>, urlò qualcuno. Non era la voce di mio padre, e poi lui non mi avrebbe mai chiamato per cognome. Mi arrivò un calcio le costato, che mi fece gemere di dolore. Cosa diamine stava succedendo?
Mi voltai, visto che ero sdraiato a pancia in giù, e sbattei ripetutamente le palpebre, accecato dalla luce della camera. Mi ritrovai davanti un incazzato, incazzatissimo Derek Rossi.
Si chinò e mi prese per la maglietta, strattonandomi e facendomi battere la testa a terra. Puzzava d'alcol e fumo, e aveva gli occhi talmente Rossi da sembrare insanguinati.
< Si può sapere cosa cazzo stavi facendo con mia sorella?>, sbraitò tornando poi in posizione eretta e indicando il letto della sorella, sul quale mi ero addormentato.
< Calma Derek, posso spiegarti>, dissi alzandomi goffamente.
< Calmarmi? Hai scopato con mia sorella!>, continuò ad urlare, cianciando le parole.
< No no no, ma che hai capito, le stavo solo tenendo compagnia!>, farfugliai. Derek non mi credette, perciò si avventò su di me, scagliandomi contro la parete.
Abel, sentendo il botto, balzò a sedere, riuscii a vederla con la coda dell'occhio.
< Non mi prendere per il culo, Apa! Cristo, rientro a casa alle 5 del mattino e ti trovo nel letto di mia sorella? C'hai scopato, ecco cosa è successo!>, urlò con il fuoco nelle iridi.
< Derek, che diamine stai facendo?>, urlò Abel tirando il fratello per la maglia.
< E tu, come hai potuto scopare con uno come lui, eh? Non ti è bastato quell'altro coglione con cui l'hai fatto?>. In quel momento, il pensiero che mi tormentava sin dalla prima volta che avevo parlato con Anastasia ebbe una risposta. Abel era vergine? No, ed io c'ero rimasto malissimo.
< Io e Valerio non abbiamo fatto nulla, mi stava solo tenendo compagnia, e tu sei ubriaco!>.
< Oh, ma certo, e io dovrei crederti. Anche con quell'altro avevi detto non facevi niente, e poi ti ho beccata a scopare!>, disse, per poi scoppiare in una risata isterica, sicuramente dovuta a tutto l'alcol e alla droga che aveva in corpo.
< Derek, basta!>, urlò Abel, diventando rossa come un peperone.
< Vattene da qui, e non farti più vedere>, mi minacciò Derek, tornando a guardarmi.
< Derek, basta, non ti sopporto più! Io e Valerio non abbiamo fatto sesso e anche se l'avessi fatto sono cazzi mia!>, sbraitò Abel, incazzata come non l'avevo mai vista in vita mia. Non sembrava nemmeno lei.
< Ti ho detto di andartene!>, urlò Derek spingendomi fuori dalla porta.
< Basta! Lascialo stare!>.
< Abel, non preoccuparti>, cercai di dire, ma il ragazzo di fronte a me mi intimò di stare zitto.
< Vale, scusami, ti chiamo dopo>, urlò Abel per farsi sentire, mentre suo fratello mi conduceva fuori da casa sua, tirandomi dietro le scarpe.
< Non so se sono stato chiaro, ma se ti avvicini un'altra volta a mia sorella te ne do talmente tante da spedirti dritto al cimitero, senza passare nemmeno per l'ospedale>, mi minacciò, prima di sbattermi la porta in faccia.

SPAZIO AUTRICE
Boh, non so, 'sto capitolo mi piace come trama, ma non come è scritto, non so perché.
Ve lo avevo detto che sarebbe successo qualcosa ehehe.
Scusate se è più lungo del solito, ma non lo volevo dividere.
L'idea del capitolo me l'ha fatta involontariamente venire in mente mio fratello, facendomi vedere un video di uno degli youtuber che segue lui, quindi grazie jacopino.
Naturalmente fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo!
Parlando di cose poco serie:
MA QUANTO PORCAPUTTANATROIAZOCCOLASCHIFOSA FA CAGARE IL CAZZO L'AGGIORNAMENTO DI WATTPAD? MIO DIO, INGUARDABILE (PER QUANTO RIGUARDA LA SCRITTUTA DELLE STORIE).

Unhappy ~ SerchoWhere stories live. Discover now