VALERIO
<Stai bene?>, chiese Abel dopo che mi fui calmato rompendo l'abbraccio, se così poteva essere definito. Mi asciugai le lacrime con il dorso di una mano e alzai leggermente lo sguardo per vederla in faccia. Eravamo molto vicini e potei vedere bene i suoi occhi: erano verdi, ma erano talmente caldi da sembrare quasi gialli. C'era qualche piccolo pigmento marrone, come nella maggior parte degli occhi verdi, ma erano talmente chiari da sembrare quasi arancioni.
Sorrisi inconsapevolmente notando la stranezza degli occhi della ragazza seduta di fianco a me su questo freddo e sporco pavimento, e lei sorrise di rimando.
< Sì, scusami per...>, iniziai a dire estremamente imbarazzato, ma lei mi interruppe. Qualunque persona si sentirebbe a disagio dopo essere stato visto nel suo momento di massima fragilità, non solo io.
< Per? Non è mica successo niente>.
Mi meravigliai del fatto che, per la seconda volta in pochi minuti, era riuscita a capire ciò di cui avevo bisogno, pur non conoscendomi affatto. Mi vergognavo molto per ciò che era appena successo e non avrei mai voluto che lei- o qualunque altra persona- mi avesse visto crollare, ma lei, forse avendolo capito, stava facendo finta che non fosse successo niente.
< Come fai?>, chiesi socchiudendo leggermente gli occhi, che mi bruciavano a causa delle lacrime che avevano appena terminato di colare sulle mie guance.
< Come faccio a fare cosa?>, chiese a sua volta aggrottando le sopracciglia e guardandomi senza capire a cosa mi riferissi.
< A sapere di cosa abbiano bisogno le persone. Non mi conosci, eppure sembrava tu sapessi perfettamente di cosa avevo bisogno>, spiegai continuando a guardarla dritta negli occhi. Cambiò sguardo, forse non riuscendo più a sostenerlo e mi dispiacque, perché ero stato totalmente rapito da quegli occhi e volevo continuare a guardarli. Sembravano quasi quelli dei vampiri di Twilight.
Si grattò la testa e sembrò pensarci un attimo.
< Non so, mi viene naturale aiutare le persone in difficoltà, riesco sempre a capire ciò di cui una persona ha bisogno>.
Scrollò le spalle.
< Io invece non so capire nessuno, forse perché nessuno ha mai capito me>, ammisi fissando la punta dei calzini grigi ai miei piedi. Non sapevo perché avevo detto quella cosa tanto personale, mi era scappata, e me la sarei voluta rimangiare. Mi aveva già visto crollare, non volevo che sapesse tutti i miei problemi.
Trovavo che parlare dei propri problemi con le persone significava esporsi e quindi essere più fragili e facilmente colpibili, perché conoscevano la tue debolezze, perciò sapevano come farti soffrire.
Mi aveva fatto soffrire l'uomo che mi aveva cresciuto, figuriamoci se non l'avesse potuto tranquillamente fare una ragazza che avevo appena conosciuto.
< Cambiamo discorso>, disse voltandosi per guardarmi nuovamente; mi voltai anche io e la guardai con un sopracciglio alzato. Aveva capito che ero a disagio.
< Sicura di non saper leggere nel pensiero?>, chiesi per poi rivolgerle un flebile sorriso.
< Sicurissima>, rispose sorridendo a sua volta. Ci conoscevamo da pochi minuti, ma tra noi si era creata sin da subito un'alchimia particolare. Nonostante fossero appena gli inizi di settembre, e quindi l'estate non fosse ancora finita, il suo viso era molto pallido- al contrario del mio che era molto abbronzato-; le sue guance erano leggermente colorate di rosso, forse a causa dell'imbarazzo che provava in quel momento, nonostante all'esterno sembrasse perfettamente a suo agio.
< Mi aiuti ad alzarmi?>, chiese leggermente imbarazzata indicando con un cenno della testa la gamba ingessata. Guardai la sua gamba ingessata e mi chiesi come avesse fatto a sedersi a terra con una gamba immobilizzata.
< Sì, ma toglimi una curiosità: come cazzo hai fatto a scendere dal letto e a sederti a terra con quella velocità?>. Feci una risatina, seguito subito da lei. Mi alzai velocemente da terra, forse fin troppo, dato che la testa prese a girarmi. Cercai di non far notare ad Abel il mio malessere, ma dovetti comunque reggermi alla ringhiera del letto, altrimenti sarei caduto a terra. Sentii una fitta alla schiena, che mi fece ulteriormente maledire per essermi alzato così velocemente.
< Non ne ho idea, mi sono fatta prendere dal momento>, rispose guardandomi dal basso all'alto. A vederli dall'alto i suoi occhi sembravano ancora più dolci e grandi. Sembravano quelli di un cucciolo, ecco.
<Fosse un'altra situazione ti prenderei in braccio, ma probabilmente se lo facessi ora sverrei, e tu cadresti con me>.
< Non pensavo di essere così pesante>, disse imitando la frase che avevo detto non appena mi aveva visto. Sorrisi, grattandomi la testa attraverso la fasciatura che mi avvolgeva. Mi sentivo la pelle tirare e provavo una fastidiosa sensazione, il che mi provocava un forte prurito. Guardai il suo fisico: era magra, ma non esageratamente, e in condizioni normali sarei tranquillamente riuscito a sollevarla senza alcun tipo di problema.
< Non sei tu a pesare, sono io che ora come ora non ho un cazzo di forze>, la rassicurai continuando a sorriderle debolmente. Credevo di non aver mai sorriso tanto con una ragazza, in particolar una che avevo appena conosciuto. Solitamente quando vedevo una bella ragazza, come lo era lei, pensavo subito ad un modo per rimorchiarla- anche perché avevo 17 anni e gli ormoni "a palla"-, ma con lei non era successo; non perché non mi attirasse, sia chiaro, semplicemente perché mi piaceva parlare con lei e quindi non sentivo il bisogno di scoparci o chissà che per starci bene. Certo, avevo delle amiche femmine- e nemmeno poche-, ma la cosa che mi scioccò fu il fatto che parlare con lei fosse estremamente facile, forse fin troppo. Io non mi aprivo con le persone, e se lo facevo- è successo rare, rarissime volte- significava che erano miei amici da tanto tempo e che mi fidavo ciecamente di loro. Ero timido solo se non conoscevo la persona con cui stavo parlando, ma con lei non lo ero stato e non ne sapevo nemmeno il motivo.
< Mi aiuti ad alzarmi o hai intenzione di stare lì a meditare un altro po' sul da farsi?>, chiese ironica allungando una mano, interrompendolo per l'ennesima i miei pensieri. Capitava spesso che i miei pensieri mi facessero estraniare dal mondo che mi circondava, ma ancora sobbalzavo ogni qual volta qualcuno mi risvegliava da essi. Mia mamma mi ha sempre detto che avevo la testa tra le nuvole, ma io non ero d'accordo. Io avevo la testa dentro me stesso, non tra le nuvole.
Per l'ennesima volta i pensieri mi avevano distratto, ma questa volta mi risvegliai da solo.
< Scusa, stavo pensando>, dissi afferrando il suo braccio.
< Metti il peso sulla gamba buona, io ti tiro su>, le ordinai gentilmente. Piegò la gamba buona, avvicinandola molto al corpo, mettendo il piede quasi sotto al sedere, pronta a fare leva su di essa.
Divaricai leggermente le gambe in modo tale da fare leva su di esse a mia volta. La guardai e per un attimo mi fissai a guardare i suoi occhi, che erano a sua volta fissi nei miei, ma spostai lo sguardo, visto che non era proprio una posizione comoda per rimanere incantati.
< 1>, dissi a bassa voce e lei strinse di più il mio braccio, ma nonostante ciò la sua presa risultava essere molto delicata.
<2,3!>. Al tre tirai il suo braccio, facendo attenzione a non farle male, e, dopo qualche traballamento, si sollevò in piedi.
Sentii un bruciore allucinante alla schiena e riuscii a soffocare a malapena una smorfia di dolore.
< Grazie mille>, disse rivolgendomi un sorriso per poi andare a zoppo galletto verso il suo letto. Si spolverò i pantaloni passandovi sopra una mano. Quando la sua mano passò sul suo sedere per me fu impossibile non lanciarvi un'occhiata. Avevo 17 anni, era più che normale. Avvertii qualcosa muoversi all'interno dei miei pantaloni, perciò distolsi lo sguardo; non volevo di certo che vedesse la mia erezione- dato che era fin troppo visibile con i pantaloni che indossavo. Aveva un bel culo: forse un po' troppo piccolo, ma non sembrava per niente male.
Cercò di salire sul letto, ma trovò qualche difficoltà, così mi avvicinai a lei.
< Ti aiuto>.
< No, grazie>. Cercò nuovamente di salire, ma tra il peso della gamba ingessata e le poche forze non vi riuscì. Il letto era molto alto e, nonostante sapessi che ci fosse la possibilità di abbassarlo, non glielo dissi, perché volevo aiutarla, ricambiando così il favore che mi aveva fatto.
Poggiai le mani sui suoi fianchi, facendola irrigidire. Cercai di trattenermi in tutti modi, ma non vi riuscii, e la mia erezione si fece prepotentemente spazio tra le mie mutande. Era una bella ragazza, ed il mio pene pareva pensarla come me.
Fece un respiro un po' più profondo degli altri e guardò le mie mani posate sui suoi fianchi magri. Sorrisi vedendo la reazione che il mio tocco aveva provocato e la guardai negli occhi, cosa che fece anche lei. Confermai la mia tesi: era una ragazza timida, difatti spostò subito lo sguardo; non ci voleva un genio dello studio dei comportamenti umani per capire che lo fosse, dato che pure io- Mr. Noncapiscolepersone- ci ero arrivato.
< Posso?>, chiesi indicando le mie mani. Annuì seria, per poi rivolgermi un sorriso timido. Fece peso sulle braccia, mentre io sollevai il suo bacino, fino a farla poggiare sul materasso. Strinsi i denti, cercando a tutti i costi di ignorare il forte dolore alla schiena, che ancora non era passato.
< Grazie mille>.
< Di niente>. Si girò e poggiò delicatamente la gamba sulla pila di cuscini, aiutandosi con le mani, ed emise un gemito di dolore soffocato.
< Tutto apposto?>, chiesi vedendo la sua faccia sofferente.
< Sì, mi fa solo un po' male la gamba> rispose rivolgendomi poi un sorriso, che però stonava con le parole che aveva appena pronunciato. Poggiai il braccio alla ringhiera del suo letto, mi tenni la testa con la mano e la guardai, mentre lei sistemava meglio il cuscino dietro alla sua schiena, sorridendo.<Ma tu sorridi sempre?>, chiesi sorridendo a mia volta. Era strana quella ragazza, la conoscevo da circa un'ora e non aveva fatto altro che sorridere.
<Sì, sono molto happy>, confermò allargando il suo sorriso e poggiando la schiena sui cuscini. Notai subito le fossette proprio nel mezzo delle sue guance, che le conferivano un aspetto dolce.
< Anche tu lo sembri>, affermò guardandomi con gli occhi socchiusi, come se mi stesse analizzando.
< Chi, io?>, chiesi indicandomi poggiando il dito indice della mano sinistra sul petto. <No no, sono tutto il contrario>, continuai, scuotendo lievemente la testa, per rendere ulteriormente l'idea.
< Oh, abbiamo qui con noi un ragazzo Unhappy >, esclamò lei sorridendo, facendo sorridere anche me di rimando.
Quella ragazza mi trasmetteva tranquillità e serenità, cosa che non accadeva spesso con le altre persone. Ero un ragazzo abbastanza malinconico, in particolare in quel periodo, perciò era strano essere così tranquillo insieme a una persona, per di più una ragazza, che non conoscevo.
Nonostante fossimo ricoverati in uno schifosissimo ospedale, riusciva a trasmettere allegria da tutti i pori e mi chiesi come facesse. La sua allegria era veramente contagiosa, dovevo ammetterlo.Volevo ribattere, ma non lo feci, perché la testa prese a girarmi ancora di più, forse per lo sforzo appena fatto. Forse avevo esagerato con gli sforzi. Sì, sicuramente. Tornai traballante verso il mio letto, con l'intento di sdraiarmi, ma iniziai a vedere tutto a pois bianchi e neri.
< Valerio, la tua testa>, disse Abel con voce spaventata.
Mi portai una mano sulla fasciatura, sulla nuca, e proprio come era successo qualche ora prima la sentii bagnata da un liquido caldo, che riconobbi subito.
< Cazzo>, sussurrai vedendo la mia mano interamente colorata di rosso.
Mi poggiai alla ringhiera del mio letto, dato che non riuscivo a reggermi in piedi da solo.
< Ce la fai a sederti?>, chiese con tono di voce ancora preoccupato.
< Sì>, risposi con voce flebile, ma subito dopo svenni, accasciandomi- fortunatamente- sul letto davanti a me.SPAZIO AUTRICE
Allora, cosa ne pensate di Valerio e Abel( e della storia in generale)? Vi piace l'amicizia che si sta formando tra i due ? Fatemi sapere.
Tanto oramai lo sapete che sono stronza, quindi se mi odiate per aver fatto svenire Valerio vi capisco perfettamente.
Non faccio gli auguri qui a Giorgio perché li ho scritti nello spazio autrice della storia su di lui, così mi obbligo ad aggiornare oggi.

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Unhappy ~ Sercho
Fanfiction, chiesi sorridendo a mia volta. Era strana quella ragazza, la conoscevo da circa un'ora e non aveva fatto altro che sorridere. , confermò allargando il suo sorriso e poggiando la schiena sui cuscini. Notai subito le fossette proprio nel mezzo delle...