Capitolo 16

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UN MOMENTO

Come forse avrete notato, ho cambiato la copertina della storia. L'ho fatto perché mi rende più l'idea di Unhappy, anche se, come quella di prima, rappresenta Valerio diciassettenne. Ve lo sto dicendo perché io mi ricordo di molte storie attraverso la copertina, e non dal nome, perciò vi avverto, nel caso anche voi facciate come me.
Bene, adesso vi lascio al capitolo.

ABEL

Passarono le ore, ma quell'atroce dolore alla testa non sembrava voler passare. Cercai di pensarci il meno possibile, parlando con Valerio e giocando con lui, ma il dolore era comunque persistente, e lui se ne era accorto.
" Come mai ti fa sempre male la testa?", aveva domandato vedendo che mi toccavo le tempie. Avrei semplicemente dovuto dirgli la verità, invece risposi dicendo che era solo un po' di sinusite, la prima cosa che mi venne in mente al momento.
Non sembrava convinto, ma non insistette.
Nel tardo pomeriggio, durante l'orario di visita, arrivarono i miei genitori, mio fratello e la mamma di Valerio, insieme a una signora più anziana, che si rilevò poi essere sua nonna.
Poco dopo il loro arrivo, i miei genitori vennero convocati dalla dottoressa Maffei, in quanto doveva parlare con loro in privato. Già sapevo cosa doveva dirgli, ma feci finta di nulla, per non farli preoccupare ulteriormente.
Appena varcarono la soglia della porta presi un respiro più profondo degli altri e sprofondai nel cuscino, consapevole che una volta tornati in camera sarebbero stati a conoscenza di ciò che mi affliggeva.
< Abel>, mi richiamò mio fratello. Mi voltai per guardarlo e notai l'espressione triste sul suo volto. Forse aveva capito. Nonostante non avesse chiesto nulla, perché c'erano altre persone e l'avevo pregato di non dirlo a nessuno, avevo intuito che volesse pormi una domanda riguardante quel maledettissimo cancro.
< Sì, Deddy>, sussurrai cercando di trattenere le lacrime, confermando le sue probabili supposizioni. Fino a quel momento- esclusi i dottori-, era l'unico a conoscenza del mio probabile tumore.
Rimase per un attimo immobile, forse incapace di concepire cosa gli avessi appena detto. Vidi i suoi occhi intristirsi ulteriormente e contrasse le mascelle, forse per cercare di trattenersi.
Ero sua sorella, perlopiù sorella minore, perciò ci teneva molto a me. Forse gli stava più a cuore la mia salute che la sua, perciò sapevo che la notizia lo aveva sconvolto. Deglutì, con occhi visibilmente lucidi e sempre più tristi.
Si alzò di scatto dalla sedia sulla quale era seduto e le tirò un calcio, facendola spostare di almeno mezzo metro all'indietro; non cadde solo perché si scontrò con il muro. Si passò una mano sul viso e respirò a fondo.
< Ho bisogno di un po' d'aria, scusami>, si scusò con voce tremante dalla rabbia prima di uscire dalla stanza, lasciandomi sola.
Valerio e le due donne mi guardarono preoccupati, anche se il ragazzo sembrava esserlo maggiormente.
Derek solitamente riusciva sempre a strapparmi un sorriso, anche nei momenti peggiori, ma non quella volta. Senza di lui al mio fianco mi sentivo ancora più vulnerabile, e sperai che rientrasse in camera il più presto possibile, perché sentivo che le lacrime minacciavano di uscire, e avevo assolutamente bisogno del supporto del mio "fratellone".
Mi sdraiai e mi girai di lato, in modo da dare le spalle a Valerio e ai suoi familiari. Cominciai silenziosamente a piangere.

VALERIO

< Sta piangendo>, mimò con le labbra mia mamma, dopo aver fissato per un po' Abel.
< Va' a consolarla>, sussurrò poi per non farsi sentire dalla diretta interessata.
< Non vuole>, sussurrai a mia volta, dopo aver scosso la testa.
Portai il busto in avanti e mi avvicinai a mia madre.
< Vado a cercare suo fratello>, sussurrai al suo orecchio, e lei annuì. Mi alzai dal letto cercando di fare il più piano possibile per far sì che Abel non se ne accorgesse. Mi infilai le scarpe ed uscii dalla stanza, sempre facendo il meno rumore possibile.
Eravamo l'ultima camera del corridoio, perciò eravamo vicino alla porta d'uscita d'emergenza, che dava sulle scale esterne. Erano le stesse che usavamo a scuola per uscire quando facevamo le esercitazioni d'emergenza, e le odiavo dal profondo del cuore, perché erano fatte a griglia e si vedeva sotto so, cosa che mi provocava sempre le vertigini.
Mi affacciai alla porta, poggiando la testa sul vetro e mettendo due mani attorno al viso, per vedere meglio. Come sospettavo, Derek era lì.
Feci appello a tutto il mio coraggio ed aprii la porta, attirando la sua attenzione.
Si girò mentre stava sbuffando il fumo della sigaretta che teneva tra le dita. Aveva gli occhi lucidi ed un'espressione incazzata dipinta in volto, che però si rilassò non appena mi vide.
< Bro', me la dài una sigaretta?>, Chiesi indicando il pacchetto che si intravedeva dalla tasca.
< Puoi fumare?>.
< Non lo so e sinceramente non mi interessa. Sono in astinenza, ieri non ho fumato per niente>, risposi con una scrollata di spalle.
< Okay>. Tirò fuori dalla tasca un pacchetto di Marlboro rosse, sicuramente molto più forti e amare rispetto alle Winston che ero abituato a fumare.
< Dentro c'è l'accendino>, disse lanciandomi il pacchetto che, fortunatamente, presi al volo. Lanciare le cose era un vizio di famiglia.
Ne sfilai una e me la portai alla bocca, per poi accenderla subito dopo.
< Grazie>, dissi passandogli il pacchetto, che rimise in tasca.
Mi poggiai alla ringhiera con i gomiti, proprio come aveva fatto lui poco prima.
Un po' perché erano forti le sigarette, un po' perché ero debole io, la testa prese a girarmi lievemente, ma nulla in confronto al giorno prima.
Fumavamo in silenzio, guardando il panorama della città davanti a noi.
< Penso che Abel abbia bisogno di te>, dissi interrompendo il silenzio creatosi. Sbuffò fuori il fumo, prima di parlare.
< Ho bisogno di calmarmi un attimo, poi rientro>, rispose.
< Sembrava stesse piangendo>, insistetti, ma lui si limitò a chinare il capo.
< Derek, non so cosa sia successo tra voi due che ti abbia fatto arrabbiare in quella maniera, ma lei adesso sta male. So che tra fratelli è normale litigare, anche se sono figlio unico, però penso che dovresti andare da lei e consolarla. È in ospedale, poverina, e ha anche una gamba ingessata>, provai a convincerlo, facendo poi un tiro.
< Magari fosse solo quella>, borbottò facendo cadere la cenere.
< Come?>.
< Eh?>.
< In che senso: " magari fosse solo quella"?>, Domandai ripetendo le sue parole, non capendo perché lo avesse detto. Buttò fuori il fumo e si girò per guardarmi.
< No, cioè, dicevo nel senso che non è solo questione di avere la gamba ingessata per più di un mese, è che poi dovrà fare molta riabilitazione e continuerà sicuramente a farle male>, spiegò.
< Oh, certo>.
< Dài, aspetto che finisci la sigaretta e rientriamo>. Disse rivolgendomi un sorriso, che ricambiai, come per volerlo ringraziare. Lui ed Abel si somigliavano molto, avevano gli stessi modi di fare ed inoltre si somigliavano molto anche fisicamente.
Finii velocemente la sigaretta e la gettai, proprio come aveva fatto lui poco prima.
Prima di rientrare in camera, Derek fermò un'infermiera e le chiese se avesse potuto portare sua sorella- e spiegò chi fosse- un po' in giro. L'infermiera acconsentì, però sarebbe dovuta andare in sedia a rotelle. In ospedale funzionava così: eri ricoverato? Allora avevi bisogno della sedia a rotelle, per forza.
Ad Abel, però, serviva davvero. Non era facile camminare con la gamba ingessata, e per di più era anche molto stancante; lo sapevo perché io stesso mi ero rotto una gamba, quando avevo all'incirca 12 anni.
R

ientrammo nella stanza, dove trovammo Abel- che sembrava essersi calmata, parlare con mia mamma e mia nonna.
< Menomale stava piangendo>, sussurrò Derek per non farsi sentire dalle tre donne.
< Prima lo stava facendo>, mi giustificai.
< Abel>, disse a voce più alta, richiamando l'attenzione della diretta interessata, ma anche delle due donne della mia famiglia.
< Dove eravate?>, Domandò guardando prima suo fratello, poi me.
< Qui fuori>, rispose semplicemente.
< Hai fumato?>, Chiese Abel alterandosi leggermente.
< No, perché?>. Gli lanciai un'occhiata, non capendo perché stesse mentendo. Aveva 18 anni- o così mi sembrava, dato che mi ricordavo che andava in classe alle elementari con Giorgio, un mio amico del '92-, perché doveva mentire sul fatto di fumare una sigaretta o meno? Per di più, non era l'unica cosa che fumava, di quello ne ero più che sicuro.
< Perché c'è una puzza di fumo assurda>.
< È vero, la sento anche io. Non è che sei stato tu?>, Si intromise mia mamma. Aveva scoperto che fumavo qualche mese prima, e non aveva preso per niente bene la notizia. Le avevo promesso che avrei smesso, ma non l'ho mai fatto. Avrei dovuto pensare all'odore che si sarebbe impregnato nei vestiti prima di fumare, ma oramai il danno era fatto.
< No, ma t'immagini, io non fumo più>, mentii spudoratamente.
< E allora chi è che ha fumato, Gesù bambino?>, Continuò.
< Derek, non dire cazzate, vedo il segno di un pacchetto di sigarette nella tasca dei jeans>, lo ammonì la sorella minore indicando una sporgenza quadrata nella tasca destra.
< Va bene Abel, ho fumato, ma non devi rompermi i coglioni. Se voglio fumare, fumo. Ho 18 anni, non puoi rompermi così il cazzo>, sbuffò lui.
< Mi raccomando, coglione, fatti venire un cancro eh!>, Sbraitò Abel, con il fuoco nelle iridi. Rimasi stupito dalla sua reazione, difatti strabuzzai gli occhi. Era suo fratello, aveva confidenza, perciò il suo diverso comportamento era giustificabile.
< Dovresti sapere che il cancro viene anche a chi non fuma>, ribatté lui con strafottenza.
Abel non ribatté, rimase ferma a fissare il fratello con sguardo truce, che si fece piano piano sempre più triste. Cosa diamine stava succedendo?
< Ehm, noi andiamo al bar>, disse mia mamma alzandosi, dopo aver battuto una mano sul suo ginocchio.
< Vengo anche io>, dissi girandomi per uscire dalla porta. Stavano litigando, e avrebbero dovuto chiarire, ma sapevo che era difficile farlo con altre tre persone- per altro sconosciute- nella stanza.
< State pure, è Derek che deve andarsene>, disse Abel, incrociando le braccia al petto.
< Non posso andarmene, sono venuto con mamma e papà>.
< Risolvere i vostri problemi con calma, cara>, disse con tono dolce mia mamma. E così uscimmo dalla stanza, lasciando ai due fratelli la privacy necessaria.

SPAZIO AUTRICE
.....ma......zebry.....

Okay, a parte le cazzate, vorrei davvero sapere cosa ne pensate del capitolo, ed in particolare della reazione di Derek

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Okay, a parte le cazzate, vorrei davvero sapere cosa ne pensate del capitolo, ed in particolare della reazione di Derek.
Penso che se dovessi scoprire che mio fratello ha un tumore al cervello ( Madonna facciamo le stra corna) anche io reagire come Derek, forse peggio.
Fatemi sapere, un bacio 😘

Unhappy ~ SerchoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora