ABEL
Derek, fortunatamente, rientrò a casa poco dopo essere uscito. Era passata mezz'ora, all'incirca.
Quando rientrò, sembrava meno incazzato rispetto a quando era uscito, e tirai un sospiro di sollievo.
< Valerio ha detto che ti manda tra poco un messaggio per il posto di stasera>, esclamò venendosi a sedere vicino a me.
< Perché hai visto Valerio? Oh mio dio, sei andato a picchiarlo?>, chiesi, allarmandomi all'istante.
< Ma perché pensate tutti che lo voglia picchiare?>, domandò a sua volta, spazientito.
< Perché è quello che minacci sempre di fare>.
< No, non sono andato a picchiare nessuno. Sono andato a farmi un giro alla pista di skate ed era lì inseme ad alcuni miei amici; mi ha detto di dirti quella cosa e l'ho fatto>, continuò. Mi scusai subito per aver dubitato di lui, e mi abbracciò, lasciandomi poi un bacio sulla fronte. Si alzò ed andò a cucinare i tortelli al ragù, seguendo le indicazioni che gli aveva lasciato nostra madre.Valerio, mi inviò un messaggio verso le quattro del pomeriggio. Ci saremmo incontrati alle 21 in un ristorante nel quale Derek andava spesso con i suoi amici.
Mio fratello mi raccontò che era un locale frequentato principalmente da ragazzi, dove si mangiava bene e si spendeva poco.Mia mamma, come aveva promesso, mi aiutò a scegliere l'outfit adatto per l'occasione.
Non potendomi mettere i jeans lunghi, a causa di quel maledetto gesso, fui costretta ad optare per dei pantaloncini corti. Scegliemmo degli short neri a vita alta, nei quali rimboccai una camicetta smanicata bianca. Attorno al gesso, misi un calzettone nero, dato che mi vergognavo ad andare in giro con il piede in bella vista. Mi sedetti sul letto e mi misi una All star bianca. Quando andai a legarla, però, mi sembrò come se le mie dita e il mio cervello non fossero collegate. Ogni tanto, accadevano cose del genere. Era uno dei tanti effetti collaterali del cancro con i quali ero costretta a convivere.
Non essere più in grado nemmeno di legarmi una stupidissima scarpa, cosa che sapevo fare dall'età di 5 anni, mi fece scoppiare a piangere. Mi buttai all'indietro sul letto e mi coprii il volto con le mani, mentre piangevo disperatamente.
Derek corse subito in camera mia, avendomi probabilmente sentito singhiozzare.
< Abel, che è successo?>, chiese precipitandosi verso il letto e chinandosi vicino a me. Piangevo talmente forte che non riuscii a rispondergli.
Quando mi fui tranquillizzata, pose nuovamente la domanda.
< Non riuscivo ad allacciarmi la scarpa. Era come se non fossi più padrona delle mie dita>, balbettai, cercando con tutta me stessa di non scoppiare nuovamente a piangere. Derek mi accarezzò dolcemente il viso e mi rivolse un sorriso.
< Sarai solo un po' stanca. Sicura di farcela ad uscire?>, domandò.
< Ho 15 anni, Deddy, nessuno dovrebbe chiedermi se ce la faccio ad uscire. Dovrei sprizzare energia da tutti i pori, e invece...>. Mi indicai, mentre delle lacrime ripresero a colare dai miei occhi.
< Allora, per prima cosa asciugati le lacrime. Secondo, vado a chiamare mamma, così ti aiuta a truccarti. Voglio che tutti stasera vedano quanto è bella Abel Rossi, anche se sei bella anche struccata>, disse asciugandomi le lacrime, rivolgendomi un sorriso dolcissimo. Rimasi sconvolta dalle sue parole, ma non ribattei. Non volevo di certo che uscisse fuori il Derek geloso.
Mia mamma mi aiutò a truccarmi e, fortunatamente, poco dopo quella sensazione di impotenza alle mani passò, rendendo nuovamente possibili i miei movimenti.
Derek mi accompagnò al ristorante dove mi sarei dovuta incontrare con Valerio, perché i miei genitori non sapevano dove si trovasse, e non volevo di certo che ci perdessimo.
< Mi raccomando, per qualsiasi cosa chiamami. Esco con degli amici, ma tengo la suoneria alta. Nel caso non dovessi risponderti, chiama mamma e papà, intesi?>, si raccomandò per l'ennesima volta, sembrando più un padre, che un fratello.
< Ho capito, Deddy>. Scese dalla macchina e prese le mie stampelle dai sedili posteriori, e me le porse subito dopo. Mi incamminai verso l'entrata del locale affiancata da mio fratello, che controllava attentamente i miei movimenti.
Una volta giunti abbastanza vicini, vidi Valerio.
Aveva un sorriso stampato sul volto, e rimasi per un attimo imbambolata a guardarlo. Aveva i capelli leggermente ingellati e pettinati alla perfezione in un ciuffo abbastanza alto; i lividi sul viso erano spariti ed era vestito di tutto punto: indossava una camicia bianca con le maniche arrotolate fin sopra i gomiti e dei jeans neri lunghi molto stretti, i cosiddetti skinny. Dovetti confermare la mia tesi: in condizioni normali era ancora più bello rispetto a quando era ricoverato in ospedale. Valerio era una bel ragazzo, quello era un dato di fatto; poteva piacere o meno, ma nessuno poteva dire che fosse brutto.
Mi avvicinai a lui, sempre affiancata da mio fratello.
< Ciao, Abel>, salutò Valerio sorridendo una volta che mi fui ritrovata di fronte a lui.
< Ciao, Vale>, risposi alla stessa maniera. Salutò anche mio fratello: strinsero le mani l'una nell'altra e poi avvicinarono le loro spalle, un saluto che avevo più volte visto fare da mio fratello con i suoi amici.
< Bene, io vado. Abel, ricordati di quello che ti ho detto>, si raccomandò per la millesima volta. Lo salutai con un bacio sulla guancia e se ne andò, lasciandomi finalmente sola con Valerio.
< Vieni, ti porto la borsa>, disse quest'ultimo indicando la borsa appesa alla mia spalla.
< No, Vale, figurati. Ce la faccio>. Chinò leggermente il capo e mi guardò con uno sguardo ammonitore.
< Ti ricordi cosa ti dissi all'ospedale?>, chiese, facendo riferimento a quando mi disse che dovevo permettere alle persone di aiutarmi. Sbuffai, poi gli passai una stampella, mentre mi reggevo su una gamba sola, poi gli diedi anche la borsa, e lui mi restituì la stampella.
Mi aprì la porta e me la tenne, affinché potessi entrare.
< Come è gentiluomo, Mr. Unhappy>, scherzai. Mi rivolse un sorriso, prima di seguirmi all'interno del ristorante.
< Solo perché sei tu>.
< Quindi se tu avessi visto una ragazza qualsiasi con le stampelle non le avresti retto la porta?>.
< No, anzi, gliela avrei sbattuta in faccia e sarei scoppiato a ridere>, scherzò. Valerio era un bravo ragazzo, ed ero certa che avrebbe retto la porta anche al suo peggior nemico, se solo si fosse trovato in difficoltà.
Valerio si avvicinò al cameriere che si trovava davanti a noi e gli disse che aveva prenotato per due a nome Apa.
Mi avvicinai a lui, guadagnandomi una lunga occhiata da parte del cameriere, che avrà qualche anno più di me.
< Preferisci un posto vicino al muro? Così da poggiare le stampelle>, chiese gentilmente il cameriere rivolgendosi a me.
< Forse sarebbe meglio>, intervenne Valerio. Il cameriere ci condusse in un tavolo attaccato al muro e mi portò anche una sedia, nel caso avessi voluto poggiare la gamba.
Tutti gli altri ragazzi presenti nel locale mi guardavano, e mi sentii in soggezione, non poco. Forse mi stavano guardando per la goffaggine nei miei movimenti. Sì, doveva essere proprio quello il motivo. Perché avevo deciso di uscire? Iniziavo a pentirmi di aver accettato l'invito.
< Abel>, mi richiamò Valerio, risvegliandomi dai miei tormenti interiori.
< Sì?>, domandai dopo aver portato lo sguardo su di lui.
< Cosa vuoi da bere? Una birra?>.
< Cosa? No, no, una bottiglia d'acqua va più che bene>, risposi strabuzzando gli occhi. Mi aveva davvero chiesto se volessi una birra?
Eravamo entrambi minorenni, bere alcolici era vietato, come avrebbe fatto a farseli portare?
Quando il cameriere se ne andò, Valerio si lasciò andare in una risata.
< Perché ridi?>, domandai inclinando leggermente il capo.
Prima di rispondere, si passò una mano tra i capelli.
< Sembra ti abbia chiesto di spogliarti davanti a tutti, hai fatto una faccia!>, disse continuando a ridere.
< Non bevo alcolici, e non dovresti farlo nemmeno tu>, lo rimproverai.
< In questo locale danno alcolici a chiunque, anche ai minorenni>, si giustificò lui.
< Ma perché non vuoi prenderli? Non succede mica niente>, continuò subito dopo.
< Lo sapevi che è stato dimostrato che bere alcolici fa aumentare esponenzialmente il rischio di contrarre un cancro?>. E, alla fine, vuoi o non vuoi, la mia vita era profondamente stata influenzata dal cancro. Prima di allora, non ci avevo mai fatto più di tanto caso. In quel periodo, invece, cercavo di evitare tutte le cose che provocassero tumori. E non mi interessava da un punto di vista salutare, perché oramai il tumore già l'avevo contratto, e peggio di così non sarebbe potuta andare, ma perché non volevo arricchire le tasche delle case produttrici di cose cancerogene. Era una questione di principio.
< Sai Abel, questa vita non è per sempre, e se vivi con il timore di vivere non vivi. Premesso che mi sta sul cazzo chi affida la vita al caso, però penso che, in certi casi, sia bene non pensare alle conseguenze>.
Nonostante Valerio sembrasse un comune ragazzo di diciassettenne anni, sapevo che lui, in verità, era molto più profondo rispetto ai nostri coetanei, o almeno rispetto alla gran parte di essi. Non era la prima volta che mi dava una risposta del genere, ma rimasi lo stesso piacevolmente stupita. Valerio era in grado di affrontare un discorso seriamente, ne ero più che certa, e la cosa mi intrigava, perché la maggior parte delle persone, adulti compresi, non era in grado di intrattenere un dibattito senza finire il tutto in una rissa.
< So per certo che la vita va vissuta, ma non vedo perché dovrei dare i miei soldi ad una multinazionale per farmi venire il cancro, tutto qui>, ribattei.
Mi faceva strano dire "farmi venire il cancro", perché io già ce l'avevo, anche se non lo volevo ammettere.
< Semplicemente perché l'alcol è capace di darti quel brivido che sa di vita>, ribatté, sicuro di ciò che stava dicendo. Lui sosteneva la sua tesi, ed io la mia, e la cosa stava cominciando a piacermi sempre di più.
< Non c'è necessariamente bisogno dell'alcol per divertirsi>.
< Hai ragione, ma a volte l'alcol ti aiuta quando la merda che hai in testa è troppa>. Il nostro discorso venne interrotto dall'arrivo del solito cameriere che ci portò le nostre bibite e ci porse due menù.
< Mi piace parlare con te>, ammisi sorridendo da dietro il menù, non riprendendo il discorso precedentemente affrontato.
< Anche a me. Nonostante la pensiamo in due modi diversi abbiamo affrontato un discorso rimanendo tranquilli, e non è assolutamente cosa da tutti>.Durante il resto della nostra permanenza al ristorante, abbandonammo i discorsi seri e ci lasciammo andare in risate sguaiate e battute di ogni genere.
Valerio era veramente simpatico e, nonostante il persistente mal di testa, avevo riso per tutto il tempo. Era da parecchi giorni che non mi divertivo così.
< A che ora devi rientrare a casa?>, domandò mentre mangiavano i dolci che avevamo ordinato. Solo in quel momento mi resi conto del fatto che non avevo chiesto ai miei genitori a che ore era il coprifuoco, così mandai un messaggio a mio padre. Mi rispose quasi subito dicendomi che, se stavo bene e se mi stavo divertendo, sarei potuta tranquillamente rientrare alle 2:30. Dopo lo stupore iniziale- dato che credevo mi avrebbe detto di rientrare a casa prima di mezzanotte - comunicai a Valerio l'orario, e disse che, se volevo, potevamo andare in un locale, dato che era sabato.
Stavo per declinare l'offerta, ma poi le sue parole mi ritornarono in mente. Dovevo imparare a godermi la vita, e sarei stata felice se lui fosse stato il mio mentore, almeno per quella sera. Perciò, nonostante il mal di testa, nonostante la nausea, nonostante le stampelle, nonostante la goffaggine nei movimenti, accettai l'invito.
Quella sera, mi sarei goduta la vita, forse per la prima vera volta in quindici anni.SPAZIO AUTRICE
Okay, stavo guardando le olimpiadi e c'è una che si chiama "Jennifer Abel" e boh, mi so gasata hahahahah.Allora, devo ammettere che mi è piaciuto molto scrivere il lungo dialogo tra Valerio e Abel, perché io adoro i dibattiti. Sia chiaro, io sono dalla parte di Valerio, credo che correre dei rischi durante la vita sia giusto, senza però lasciarsi andare e, per di più, adoro l'alcol, però mi è garbato molto argomentare la tesi di Abel.
Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate.
Consigli o osservazioni di qualsiasi genere sono sempre ben accetti.
Un bacio 😘

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Unhappy ~ Sercho
Fanfiction, chiesi sorridendo a mia volta. Era strana quella ragazza, la conoscevo da circa un'ora e non aveva fatto altro che sorridere. , confermò allargando il suo sorriso e poggiando la schiena sui cuscini. Notai subito le fossette proprio nel mezzo delle...