Capitolo 1

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"C'era talmente tanta roba nella mia testa, che il mondo fuori lo sentivo appena, passava come un'ombra, la vita era tutta nei miei pensieri"
Questa storia, Alessandro Baricco.

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Non sono mai riuscita a spiegarmi le ragioni che spingono le persone a compiere follie,  saltare da un tetto ad un altro, da un aereo con un paracadute, tuffarsi da scogliere altissime. Credo di non aver ancora capito cosa si provi, perché suppongo di non aver ancora sperimentato questa emozione.  è una strana energia, che si sprigiona in millesimi di secondi, e inizia letteralmente a scorrere nelle vene come se fosse stata appena iniettata. È una sensazione sui generis... racconta chi ha avuto l'opportunità di mettere alla prova se stesso e soprattutto che abbia avuto l'audacia necessaria ad affrontare un'esperienza estrema di questo tipo. E mentre sfreccio sulla rampa mi ritrovo a terra. Odio quando mi perdo nei miei pensieri, disconnettendomi dal mondo circostante. Un giorno o l'altro mi romperò qualche osso.
-Skate di merda!- farfuglio con uno sbuffo finale
-Tutto okay?- domanda una voce pacata alle mie spalle
Credevo di essere sola... il mio corpo viene scosso da brividi di imbarazzo. 
-Si, credo di si- rispondo insicura, senza voltarmi, con un tono di palese disagio nella voce 
Premo con forza i palmi contro il terreno tentando di rialzarmi e realizzo soltanto in questo momento che la mia caviglia è dolorante. Le paranoie cominciano ad affollare la mia mente, confondendomi e annebbiando la mia lucidità. Infatti non mi sono voltata nemmeno una volta, temendo di essere arrossita in volto. 

Lo sento ridere, armoniosamente. Finalmente mi volto seguendo la voce e incrocio lo sguardo del ragazzo. Avrà senza dubbio qualche anno più di me, la sua carnagione è molto chiara, evidenzia i lineamenti piuttosto duri del suo viso, mentre i capelli, ricci, neri, ne nascondono una gran parte. Ha un oggetto metallico sul labbro, verde, come i suoi occhi. È una bellezza particolare e sicuramente l'ho incontrato in qualche bar o a scuola, rifletto arricciando il naso. Mi sembra di averlo già incontrato, ma sicuramento lo starò confondendo con qualcun altro.
Mentre sono assorta nei miei pensieri mi sento mancare la terra sotto i piedi e in un secondo mi ritrovo sulla sua schiena.  Si, esattamente... 
Tutto questo sta diventando molto imbarazzante, sebbene io continui a ripetermi nella mente che non lo conosco e che quindi non ho alcuna ragione per farmi i miei soliti seicento problemi al secondo. 
-Ma cosa fai?- protesto agitandomi, leggermente infastidita per la confidenza che si è preso senza che nessuno gliel'abbia concessa
-So che ti fa male- asserisce con serietà, sicuro di se stesso -mi indichi tu la strada?- pronuncia il resto della frase con tono addolcito, ma l'acredine della sua voce, mostrata poco fa, blocca qualsiasi slancio da parte mia nei suoi confronti. 
Ha l'aria da sbruffone forse, sembra un presuntuoso di prima categoria, pensandoci bene. 
Sbuffo urtata, espirando una quantità d'aria che non credevo potesse essere contenuta nei miei piccoli polmoni. Forse potrei ammettere che il mio giudizio è un tantino offuscato in questo istante.
Poggio la testa nell'incavo del suo collo, al quale arrivo con assoluta naturalezza, conservando un leggero astio per i suoi repentini cambi di tonalità, ma approfittando ugualmente della sua gentilezza, perché ne ho bisogno. 
-si- rispondo con un filo di voce, prima di rimanere entrambi in silenzio.
Sono così assorta nei miei pensieri che non lo ascolterei nemmeno se dicesse qualcosa.

La sua pelle è morbida e il suo odore  è gradevole. Non so come ma mi ritrovo a pensare cose assurde, fuori luogo e continuo a domandarmi quali pensieri passino nella sua testa. 

Riconosco la sensazione familiare.  Mi sveglio di soprassalto, con gli abiti impregnati di sudore.
Impiego qualche minuto a collegare gli ultimi eventi. Stavamo bevendo una birra acquistata per strada, ero semi distesa sul divano,  con due cuscini dietro la schiena, mentre lui era sulla poltrona singola e stavamo improvvisando una sorta di conversazione sulle persone che frequentano abitualmente la pista da skate. 

-Oh mio dio- sussurro con la voce impastata dal sonno, scandendo attentamente una parola dall'altra. Quel pomeriggio qualcosa mi aveva convinta che mi sarei potuta fidare del ragazzo che mi aveva offerto aiuto, se così si può dire. Non so con quale coraggio lo abbia portato in casa, ma il mio intuito non aveva fallito, dato che sono qui a raccontarlo. 
Passo una mano sulla fronte, frustrata. E se fosse stato un malintenzionato? io ingenuamente gli avrei aperto la porta di casa mia, senza pensarci due volte. 
Faccio mente locale, tentando di capire chi sia, perché sono sicura di "conoscerlo". 
A mia grande sorpresa noto che sono ancora sola in casa. Sospiro sollevata e mi sbarazzo della birra e dei bicchieri. Dalla finestra accanto alla porta filtrano tra una tenda e l'altra alcuni raggi solari che si riflettono sul pavimento color porcellana.
Improvvisamente la porta si apre e appare Federico, mio fratello, con due anni più di me. 
Accanto alla piscina giace il mio skate, anche lui privo di energie. Cammino nella sua direzione perché qualcosa attira la mia attenzione. Mi stropiccio gli occhi per mettere a fuoco, ma non capisco. 
Alzo le sopracciglia, mentre afferro frettolosamente il post-it arancione, curiosa, come se fossi tornata bambina. 

Qualcuno mi ha lasciato un indirizzo e il mio sesto senso mi suggerisce che sia stato il ragazzo ignoto. La mia perspicacia a volte lascia sbalordita anche me. 

Mi soffermo ad analizzare la calligrafia, decente, tutto sommato, rifletto accennando un sorriso spontaneo. Ha utilizzato un semplice stampatello, rapido e intuitivo. 

un amore infinitoWhere stories live. Discover now