"Ora il vento s'è fatto silenzioso
E silenzioso mare;
Tutto tace; ma grido
Il grido, solo, del mio cuore,
Del cuore che brucia
Da quando ti mirai e m'ha guardata
E più non sono che un oggetto debole.
Grido e brucia il mio cuore senza pace
Da quando più non sono
Se non cosa in rovina e abbandonata
Solo ho nell'anima coperti schianti,
Equatori selvosi, su paduli,
Brumali grumi di vapore dove
Delira il desiderio,
Nel sonno, di non essere mai nati."Giuseppe Ungaretti, Cori descrittivi di stati d'animo di Didone III e IV
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Sara stava preparando la cena con aria guardinga, mentre io e Devon ci eravamo spostate in soggiorno. Lei era seduta a terra a gambe incrociate. Di lei avevo capito tre cose: primo, era mia sorella - o meglio, così si definiva; secondo, era altamente letale - e questo lo si poteva notare da qualsiasi suo gesto; terzo, odiava la mobilia prettamente inventata al solo scopo di poggiare il culo - come sedie, poltrone e divani. Tutto il resto non l'avevo ancora ben assimilato.
"Hai parlato di Didone...", dissi sovrappensiero. Aveva detto che la stirpe della nostra famiglia di cacciatori era risalita fino a lei, per poi perderne le tracce. Lei si sistemò comodamente sdraiandosi sul tappeto a pancia in su, con il suo zainetto come cuscino.
"Sì, Didone la regina di Cartagine. In genere, preferiamo parlare di lei come Elissa...posso?", mi chiese costringendomi a guardarla. Aveva in mano una sigaretta, materializzata da chissà dove.
"Solo se me ne offri una", acconsentii, e lei sorrise prendendo il pacchetto. Sistemandosi come prima, con la sigaretta accesa, continuò: "Non ci sono storiografie pervenute e accettabili in grado di stabilire con esattezza dell'esistenza di Elissa...", mi guardò sottecchi.
"Exioriare aliquis ex ossibus ultor...*", sussurrai in preda all'entusiasmo, "ecco perché vi chiamate Fenici! Ed io che credevo che quella frase si riferisse ad Annibale e alle Guerre Puniche!", sorrisi persa nei ricordi dei versi virgiliani. Quella frase in latino, spaziosamente tradotta come '*che nasca dalle mie ceneri un vendicatore', mi aveva subito fatto pensare alla Fenice che rinasceva dai resti della sua autocombustione. La frase attribuita da Virgilio nella sua opera più famosa, infatti, era un chiaro avvertimento alle guerre puniche in cui Roma e Cartagine erano le protagoniste del distruttivo e plurimo scontro bellico. Annibale, poi, venne considerato il 'discendente vendicatore' di Didone. Devon fece una smorfia soddisfatta, un angolo delle labbra perfette si piegò all'insù.
"Mi sorprende quanto tu sia sveglia ", replicò. "Comunque, non tutto quello che ha scritto quel cialtrone è vero", fece un gesto con la mano a mezz'aria come per cancellare delle dicerie. Rimasi esterrefatta, Virgilio poteva essere qualsiasi cosa, ma per la sua creatività e la sua perizia nell'arte letteraria epica, non si poteva dire nulla.
Devon iniziò a raccontare con voce melliflua e suadente e dopo pochi secondi, cominciai a vivere le sue parole, in un tempo lontano e sconosciuto.Quando Elissa vide per la prima volta Enea, pensò fosse un Dio. Era coperto di stracci al suo cospetto, la regina di Cartagine, colei che aveva dato vita alla sua terra grazie all'astuzia di donna**. La pelle del giovane era arrossata e bruciata per il troppo tempo passato in mare, sabbia e salsedine ricoprivano il suo corpo scultoreo e provato. La screpolatura delle labbra non nascondeva la perfezione di quest'ultime ed i suoi occhi blu come la casa di Poseidone, nascondevano un destino più grande di lui. Elissa era attratta da quegli occhi così profondamente diversi dai suoi e le sue mani affusolate volevano scivolare tra i fili d'oro dei suoi capelli.
Assetato, affamato e stanco, Enea cercò di ricomporsi alla figura esile e forte che gli si parava davanti. Era bellissima, la sua pelle ambrata ricordava i gioielli ch'ella portava ai polsi e al collo e che valorizzavano ancor più la sua bellezza. I suoi capelli raccolti da fermagli d'oro ricordavano l'ossidiana pura e lucente come i suoi occhi. Enea non aveva mai visto nulla di più bello.
Eros gli aveva giocato proprio un brutto scherzo questa volta. Gli Dèi avevano in serbo per lui tutto, meno che l'amore. Eppure, più guardava Elissa e meno riusciva a resisterle. E dopo poco tempo, i due avevano ceduto alle frecce che annientavano la ragione.
Nelle stanze private della regina, regnava il silenzio più assoluto. Solo il rumore del venticello serale, che sfiorava i tessuti preziosi appesi intorno al suo baldacchino, rispecchiava la bramosia delle mani di Enea che non desiderava altro che accarezzare il corpo di Elissa. Lei, coperta da veli sottili e che non lasciavano praticamente nulla all'immaginazione, era distesa sul letto, sempre adornata dai suoi gioielli ricchi di pietre e con uno strano pugnale - la cui lama sembrava di una pietra incolore - legata alla gamba da una cinta di cuoio. Lei si liberò dell'arma e lo invitò nel suo letto, mettendo fine a quel desiderio tanto scottante.
Ma il fardello del passato e del futuro non tardò ad arrivare, colpendo duramente i giovani amanti.
Sulle spalle di Enea gravava un terribile destino, che lo costrinse a proseguire il suo viaggio. Elissa, inerme davanti al volere degli Dèi, vide il suo unico amore salpare verso terre lontane, tenendosi il grembo con fare protettivo.
Dopo la nascita del suo primogenito - frutto dell'amore tra lei ed Enea - la regina cercò di andare avanti adempiendo ai suoi doveri sia come capo che come cacciatrice di spiriti demoniaci, ma non ci riuscì. Aveva anche provato ad avere altri amanti, ma mai nessuno fu capace di farle dimenticare il suo grande amore. Così, poco dopo la trentaseiesima luna dalla nascita di suo figlio, si rifugiò sullo stesso scoglio da cui aveva salutato l'ultima volta Enea...e tra urla, pianti, disperazione e vendetta, aveva deciso di mettere fine alla propria vita.
Enea non riusciva a dimenticare Elissa, nemmeno dopo il suo matrimonio combinato e i figli che sua moglie stava per mettere al mondo. Preso dalla disperata voglia di vedere la sua ragion di vivere, navigò per giorni, con la sola immagine del suo sorriso in mente. E proprio a poche miglia, eccola. Adagiata nello stesso punto in cui l'aveva vista l'ultima volta. Il suo cuore perse un battito, cercò di attirare la sua attenzione, ma lei non sembrava vederlo. Il rumore delle onde era prepotente, aveva ovattato le grida di Enea. Quando la vide gettarsi in mezzo all'ira di Poseidone, si sentì mancare. Si buttò in acqua senza pensarci ed il contatto gelido lo risvegliò. La corrente gli feriva i muscoli che lottavano per amore e per sopravvivenza. Passarono parecchi minuti, ma di Elissa nessuna traccia. Incanalò più aria possibile, arrivato sotto gli scogli da cui lei si era gettata, e iniziò la ricerca. Gli occhi erano feriti dal sale e la sabbia alzata dal mare mosso impediva la sua visuale. Riprese fiato e tornò più in profondità. La notò grazie ai suoi bracciali di pietre che illuminavano il fondale e con la poca forza rimasta, la trascinò a riva, sulla sabbia umida. Non respirava. Il suo bel volto ambrato era diventato pallido e le sue labbra erano dipinte del colore della morte. Sarebbe sceso negli Inferi pur di stare con lei. La baciò. Un bacio puro e casto, pieno di rammarico e d'amore. Decise che senza di lei, la sua vita non avrebbe più avuto senso. Le prese il pugnale strano dalla cinta sotto le sue vesti ricercate e se lo puntò dritto al petto. I suoi occhi iniziarono a torturarlo, si sentì quasi morire dal dolore. Per mettere fine a quello strazio e al rimpianto che era la sua vita, Enea si diede il corpo di grazia affondando la lama nel suo cuore ormai morto con lei. Sussurrò dolcemente al suo orecchio: "Se non in questa vita, nell'altra".
In quel momento, a palazzo, la balia che giocava con il principino cercò di attirare la sua attenzione. Quando l'erede alzò lo sguardo, la balia si impressionò. Un occhio azzurro ed uno nero.**per chi non lo sapesse, a Didone era stato concesso regnare sul pezzo di terra che fosse riuscita a ricoprire con una pelle di toro. Lei quindi tagliò la pelle in tante striscioline creando il perimetro della sua terra (decisamente più grande di due metri quadrati).
P. S.
La storia è totalmente inventata, non c'entra nulla con l'Eneide di Virgilio, l'ho riadattata a mio piacimento.

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Anatema I - The Circle
Paranormal"La leggenda narra che l'anatema nasca dall'amore e dalla morte che si fondono, diventando la medesima cosa." Aurora è una ragazza con la testa sulle spalle, metodica e razionale. Studia archeologia all'università e convive con la migliore amica di...