10. La città maledetta

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Il momento più temuto dell'anno era arrivato troppo in fretta: la sessione invernale aperta. Nonostante tutte le novità che ero stata costretta ad affrontare in pochissimo tempo, sapevo che non potevo lasciare indietro la mia vita, dovevo continuare a frequentare lezioni, studiare e dare esami.

L'inizio del mese di dicembre era arrivato in tutto il suo splendore, con l'odore di biscotti alla cannella e le lucine sparse per la città, ma quel periodo che io avevo sempre amato con tutta me stessa si era trasformato in un inferno pieno di manuali da studiare. Le lezioni erano finite, quindi avevo il tempo di lavorare part-time al negozietto di chincaglierie di zia Anna – che sembrava più che altro un antro stregato ed esoterico – e di andare in biblioteca a studiare. Irene provava ogni sera ad aiutarmi a scoprire qualcosa sui miei nuovi poteri, ma entrambe non riuscivamo a cavare un ragno dal buco. Grazia non si faceva vedere quasi mai. Sara era super impegnata con il tirocinio all'ospedale e non era per niente felice delle ultime valutazioni, quindi si stava impegnando molto. Era testarda e pignola, quando voleva. Nica aveva deciso di partire per sei mesi a Bruxelles e a breve avremmo fatto una festicciola di "arrivederci". Tutto era così normale che mi sembrava fuori luogo.

Feci sbattere il gommino della matita sul labbro inferiore, cercando di concentrarmi su Numismatica antica  – materia affascinante quanto noiosa –  ma con scarsi risultati. Mi trovavo nella biblioteca del campus, ampia, nuova e spaziosa, piena di studenti presi dai propri esami e dotati di decine di evidenziatori colorati. Sorrisi tra me e me, odiavo gli evidenziatori, erano solo in grado di rovinare i libri.

"Scusami", sentii accanto a me. Era una voce maschile mai sentita che mi prese così alla sprovvista che feci cadere la matita sul libro. Mi girai guardando la fonte. Mi trovai davanti un bel ragazzo, aveva un viso regolare, un bel sorriso e gli occhi neri come la pece. I capelli castani non avevano riflessi, erano spenti, tendenti al grigio scuro. Me ne stupii, non sapendo il perché. Aspettai che continuasse, ma ebbe un sussulto nel guardare i miei occhi. Me ne crucciai, e di nuovo non seppi il perché.

"E-ecco... d-di solito vengo in biblioteca con un amico e soprappensiero ho preso un altro caffè anche se oggi non c'è", mi indicò il distributore automatico proprio accanto a dove mi ero seduta io, "ti piace il caffè ristretto? Lo vorresti tu?", sussurrò per non sovrastare il solo rumore di pagine che giravano. Annuii con un sorriso prendendo il portafoglio. Notando il mio gesto, quasi urlò: "No, no! Offro io! Scherzi? È solo il caffè acquoso della macchinetta, ci mancherebbe!", mezza biblioteca sibilò per fargli abbassare la voce ed io feci un risolino.

"Ti ringrazio allora...", incominciai senza saper come concludere la frase.

"Samuele", si presentò. Un altro angelo, pensai io imbambolata. Ma perché alla fine i miei pensieri tornavano sempre a Gabriel?

"Aurora", ribattei un po' in ritardo. Mise in mostra il suo bel sorriso e mi poggiò il caffè accanto al libro.

"Archeologia?", chiese con un sopracciglio alzato. Annuii.

"Io filosofia, voglio specializzarmi in quella antica", precisò. Bevvi il caffè in un sorso, troppo amaro per gustarselo. Avevo bisogno di una sigaretta.

"Bellissima specializzazione", sorrisi mentre mi alzai per prendere il cappotto e la borsa.

"Vai a fumare?", chiese.

"Dopo il caffè ci sta", mi giustificai alzando di poco le spalle.

"Ti accompagno", sorrise. Qualcosa in quel ragazzo non mi piaceva, ma non potevo essere così scortese da dirgli di no. Una volta fuori dalla biblioteca sentii il gelo sulle guance pizzicarmi leggermente e mi beai di quella sensazione così familiare.

Anatema I - The CircleTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon